Meglio la zappa o le mele marce?
La donna con la zappa in mano, tra i campi di granoturco, a 40 gradi sotto il sole impietoso di gennaio, si chiama Imaculada. Siamo nella zona centrale del Mozambico, a una decina di chilometri dal grande fiume Zambesi. Gennaio è piena estate da questa parte dell’equatore ed è la stagione delle piogge. Una stagione che negli ultimi trent’anni è diventata sempre più corta e irregolare. Se un tempo cominciava alla fine di ottobre, ora non comincia prima di metà di dicembre.
Così, Imaculada, mentre zappa, aspetta la pioggia e prega che non succeda come nel 2016, l’anno della grande carestia, quando il cielo si chiuse per più di un anno. Nella sua lingua, il Sena, Dio e pioggia si dicono con la stessa parola: Mulungu. Imaculada prega Mulungu-Dio che mandi mulungu-pioggia.
Con la maglietta rossa e il cappellino in testa, c’è Santinho, che la pioggia si è stancato di aspettarla e anche di pregarla. Così se n’è andato in città. Vende biscotti, patatine, burro di arachidi e mele (mezze marce) provenienti dal Sudafrica, davanti al più grande supermercato di Beira, a 500 km di distanza da Charre, il villaggio dove è nato e cresciuto e dove l’ho conosciuto sette anni fa.
A Santinho non andava proprio di passare la vita aspettando la pioggia. Di Santinho che lasciano la campagna per andare a cercare fortuna in città ce ne sono migliaia in tutto il Mozambico. E come dare loro torto? È dura fare il contadino dove le piogge sono sempre più rare, non esistono sistemi di irrigazione e la terra produce sempre meno. E non è che la vita in campagna offra molte alternative. Di certo, non possono tutti fare il professore o l’infermiere, le professioni più ambite da un ragazzino che nasce qui. Insomma, tra la zappa a 40 gradi aspettando la pioggia in campagna, meglio vendere mele marce provenienti dal Sudafrica davanti al supermercato in città.
Così le migliaia di Santinho finiscono per ingrossare le file della popolazione urbana che, se nel 1980 corrispondeva al 13%, oggi è salita al 34% dell’intera nazione. Santinho ha imparato che la storia della pioggia che cade sempre con meno frequenza fa parte di una storia più grande, quella dei cambiamenti climatici. L’ha imparato una notte di metà marzo di tre anni fa, quando il ciclone Idai ha fatto volare via il tetto in lamiera della sua umile casetta in periferia a Beira e, dieci minuti dopo, si è visto sommerso dall’acqua.
Dopo Idai, in questi tre anni, il Mozambico è stato colpito da altri cicloni: Kenneth, Chalane, Eloise, Ana, Gombe. Quelli che un tempo erano fenomeni eccezionali, ora si ripetono normalmente almeno una volta all’anno. Se piove sempre meno, arrivano i cicloni. Santinho e Imaculada non ne hanno nessuna colpa. Ma sono loro che ne pagano terribilmente le conseguenze.