Meglio aprire la porta
Prima che i poveri sfondino...
Qualche settimana fa sono stato in Terra Santa. Ho potuto toccare con mano la povertà dei palestinesi, ma anche il terrore degli israeliani, che sono certamente i più forti, ma vivono blindati per il terrore di essere attaccati. È una vita quella?
Rientrato in Italia, ho trovato sui giornali vari articoli sulla paura. Uno per tutti: “Truffe, rapine e cataclismi. Solo il terrorismo fa meno paura”. Anche noi italiani viviamo nel timore. Una pura coincidenza? No, è un paradosso. Mai come oggi l'umanità sa di avere mezzi e tecniche per vincere il male che la minaccia, curare le malattie, debellare il flagello della fame, dare istruzione a tutti… Basterebbe volerlo! Mai come oggi l'uomo si sente onnipotente ed è invece pieno di inquietudini e di interrogativi che non gli consentono di dormire tranquillo.
Quando Dio è al confine
Il fatto è che abbiamo costruito un mondo che non è giusto, perché abbiamo confinato Dio nell'angolino della coscienza. Il risultato? Ognuno fa quello che più gli conviene e il mondo è diventato ingovernabile. La pace non è dietro l'angolo e non sboccerà finché non ci sarà giustizia. Essa non sarà il risultato di nessuna magia e nemmeno delle chiacchiere dei politici o degli interminabili talk show della televisione. Rimane vero ciò che il papa Wojtyla ha predicato per anni: la pace verrà quando ci sarà giustizia e carità; quando ci decideremo a condividere i nostri beni con i più poveri.
I popoli impoveriti bussano alle nostre porte chiedendo a noi, popoli dell'opulenza, pane e dignità. Non è un bussare metaforico, per richiamare l'attenzione sulla loro miseria. Per alcuni anni il mondo occidentale ha risposto con una cooperazione più o meno disinteressata. Ma da qualche tempo i governi stanno riducendo i contributi alla cooperazione . L'ultima finanziaria del governo italiano ha sepolto la cooperazione ai Paesi in via di sviluppo. È vero che anche da noi ci sono poveri e impoveriti che fanno fatica ad arrivare a fine mese; ma è altrettanto vero che, se vogliamo la pace, dobbiamo fare qualcosa.
C'è un fatto strano
Gli Stati permettono la libera circolazione di tutto: beni, imprese, azioni, monete. Abbattono le barriere protezionistiche. Cedono perfino la loro sovranità, pur di accogliere imprese che vengono ad investire. Tutto è liberalizzato. Meno che la circolazione delle persone e soprattutto di quelle che più hanno bisogno. Tanti, stanchi di aspettare, hanno cominciato a varcare le frontiere per entrare clandestinamente in Europa, alla ricerca di un po' di benessere e libertà. Spesso sono stati riportati alla frontiera e rispediti a casa.
Oggi la loro strategia sta cambiando. Non bussano più. Hanno deciso di sfondare la porta. Sanno perfettamente (e noi con loro) che questa è una strada sbagliata, impraticabile e non condivisibile. Ma tant'è, questa è l'unica strada che è loro rimasta. Gli avvenimenti dello scorso novembre a Ceuta e Melilla, sulla frontiera europea della Spagna, e la carretta del mare con i corpi riversati sulla spiaggia italiana di Ragusa, l'hanno fatto capire.
Percorrono migliaia di chilometri attraverso il deserto del Sahara; si accampano nelle oasi del Marocco e attendono il momento per forzare la frontiera, per entrare finalmente nella “terra promessa”. Ci sono delle pausa d'attesa, ma torneranno a percorrere quella strada. Non è necessario avere informazioni segrete per fare queste affermazioni. Basta solo aprire gli occhi e ascoltare quello che dicono.
Il ricco e il povero
Non sarebbe il caso di riflettere? Non basta resistere testardamente, in nome di un diritto alla proprietà, privata o nazionale che sia. Non è così vincolante, quando c'è di mezzo la fame e la morte!
Il vangelo ci racconta la storia del Ricco epulone che neppure si accorgeva del povero Lazzaro. Noi oggi siamo peggio, perché sentiamo Lazzaro che bussa e perfino sfonda la porta del nostro mondo. Che faremo? Un'altra legge per impedirgli di entrare?
Non sarebbe meglio aprirgli la porta e condividere con lui il poco o molto che abbiamo?