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Da una recente lettera "circolare" di p. Lanaro, pubblichiamo la storia drammatica e commovente di una giovane donna africana che prende la vita sul serio.

Maria Luisa. L'avevo incontrata tanti anni fa nella foresta del Manyema, giovane vedova con due bambini a carico. La ricordo ancora seduta davanti a me, durante le sessioni catechetiche e bibliche che organizzavo nei villaggi: lei veniva incurante dei disagi del viaggio, percorrendo anche 65 chilometri.

Tanta strada, sempre a piedi

La guerra sconvolse quella zona e Maria Luisa fu costretta a fuggire, con la sua bambina; il primogenito, Guglielmo, frequentava la scuola a Bukavu. Settimane affannose di fuga alla ricerca di un luogo sicuro e, finalmente, l'arrivo a Uvira (400 chilometri lontano!), dove riuscì ad acquistare un fazzoletto di terra. Tre anni fa, quando seppe del mio ritorno, venne a trovarmi e trovò il modo di portarmi alcune uova e arance in regalo, come sempre faceva.

Mi raccontò delle quattro nipotine che aveva trovato, dopo che il papà, suo fratello, era stato ucciso dai militari e la mamma era tornata alla sua terra d'origine, nel nord Kivu, abbandonando le bambine. Mi raccontò del tutsi ruandese che l'aveva destata di notte, implorando asilo in quel tempo in cui quella gente era ricercata a morte: due giorni d'incubo, perché chiunque avesse osato dare rifugio ai tutsi sarebbe stato massacrato insieme a tutti i suoi: "Ma come potevo abbandonare quel poveretto, che somigliava tanto a Gesù?", mi disse.

Il figlio dottore e sportivo

Adesso la sua capanna di paglia è divenuta una casetta in mattoni crudi e il tetto in lamiere. I residenti sono aumentati: altri poveri vanno da lei perché sanno di poter contare sulla sua accoglienza. Alle quattro bambine orfane si sono aggiunti un fratello (si è fratturato il polso in un incidente stradale) e la sorella che lo nutre; e altre due sorelle hanno trovato asilo accanto a lei.

Mi raccontava, sorridendo, tutto questo ieri a mezzogiorno, mentre mi serviva il pranzo preparato in mio onore. Il figlio Guglielmo sta ultimando il tirocinio all'ospedale di Lubumbashi, dopo sette anni di studio. Era venuto da me, a Luvungi, implorandomi di continuare a pagare le tasse scolastiche per altri due anni, fino alla laurea. Mesi fa, mi annunciò trionfante l'esito felice del suo primo intervento chirurgico su una paziente bisognosa di parto cesareo. Alla sconfitta degli Azzurri durante i campionati di Europa, per sms mi manifestò il suo avvilimento. Gli risposi: "Ce la meritavamo la sconfitta!".

Fra una dozzina di giorni, Maria Luisa verrà con me fino a Mulenge, per partecipare alla sessione biblica e catechetica. Così rivedremo i nostri amici.

Ho voglia d'incontrarvi

Stiamo per iniziare i lavori per portare l'acqua potabile a Mulenge, a quota 2.050 metri. Alcuni amici friulani si stanno dando da fare per riprendere i lavori iniziati una quindicina di anni fa da alcuni volontari italiani, per consentire alla popolazione dell'altipiano di ricevere l'acqua del Kabundu: un'acqua incredibilmente limpida, che sgorga direttamente dalla roccia. L'importante è farla arrivare dal bacino di raccolta e dalla vasca di decantazione fino al serbatoio grande, a un paio di chilometri: 2.000 metri, ognuno dei quali costa decine di dollari in tubo pvc. Poi bisognerà farla arrivare fino ai villaggi.

Si tratta di convincere la popolazione a mettersi al lavoro. Il comitato è già formato e ha promesso mari e monti: provvederanno al trasporto di pietre e sabbia e allo scavo della canaletta (80 cm profonda). Staremo a vedere. E poi dovranno garantire la manutenzione, altrimenti in poco tempo tutto andrà in rovina.

In questi mesi centinaia di persone stanno sistemando la strada che conduce fino a Lemera e sale a Mulenge: i reduci calabresi conoscono bene questi nomi e luoghi... Adesso la jeep può viaggiare senza inciampi. Ma cosa succederà dopo le prime piogge?

Concludo. Dai primi di agosto avremo modo di sentirci e d'incontrarci. Ho tanta voglia di vedervi, cari amici della Magna Grecia, della Sicilia felice e della Padania. Il Signore ci benedica tutti.



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