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Lo scherzetto di Benedetto…

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Per lunedì 11 febbraio i meteorologi prevedevano neve. L'aria era frizzante, ma non faceva presagire la bufera che sarebbe arrivata prima di mezzogiorno. Un collega verso le 11 e 45 ci telefona e va dritto al sodo: "Il papa si è dimesso! L'ho letto su internet...". Bello scherzo di carnevale, penso io. Ma i siti più importanti confermano quell'annuncio efficace e telegrafico. No, non possono mettersi tutti d'accordo per uno scherzo... mediatico così grande!

Con il trascorrere dei minuti la notizia diventa ufficiale e fa il giro del mondo. Padre Lombardi, quasi preso in contropiede, si precipita nella sala stampa Vaticana a gestire "l'emergenza". La "breaking news", l'ultim'ora, è così clamorosa che è difficile scollarsi da televisione o computer. L'annuncio è stato battuto per prima da una giornalista dell'Ansa, traducendo dal latino, considerata una lingua morta (non in questo caso).

E sono iniziate le chiacchiere (non di carnevale), le analisi, i retroscena, la caccia alle vere motivazioni che non fossero quelle spiegate da Benedetto XVI nel suo annuncio e negli incontri dei giorni successivi. Scandali, guerre di curia, debolezza fisica, malattia, irruzione della modernità in Vaticano, fine del modello monocratico medievale (addirittura)... Sono solo alcuni degli slogan e pareri ascoltati nelle ore seguenti alle dimissioni più eccellenti della storia recente.

E i giovani? Come hanno reagito? Facendo un giro sui social network si scopre che qualcuno era sorpreso, qualcun altro compiaciuto (perché "questo Papa non mi sta simpatico"), altri se la ridevano. Una buona percentuale lo indicava a modello per chi, invece, dalla poltrona non si scolla nemmeno con le cannonate...

Smarrimento è ciò che ho vissuto personalmente: mi sembrava crollasse una delle poche certezze di questo mondo, e cioè che il Papa è tale finché muore. Ho ascoltato anche l'interessante differenza filosofica tra la scelta di "fare il papa" (Benedetto XVI) fin quando le forze lo consentono ed "essere papa" (Giovanni Paolo II) fino alla fine dei propri giorni, pur delegando ad altri il lavoro non più sopportabile.

In un moto quasi di rabbia mi è venuto da dire: "Santità, ma a noi non ci pensi? Perché ci lasci così, in fretta e furia? Come facciamo ad affezionarci al nuovo papa prima della prossima Gmg, in programma a luglio in Brasile? Tu te ne vai e noi, che abbiamo bisogno di un riferimento importante in un'epoca con pochi punti fissi, a chi guardiamo? Ma allora la chiesa è davvero in crisi, se nemmeno tu reggi... la pressione del tempo!".

Il commento giusto? Il commento più originale e forse anche quello più umanamente vero, l'ho sentito dal regista Giuseppe Tornatore che, interpellato, ha detto: "Credo che il Papa abbia avuto il merito di sapere quando era il momento di uscire di scena". Interessante. In qualche modo, per un giorno il papa ha acceso su di sé i riflettori che poi dovranno illuminare (in tutti i sensi) altri; ha detto "basta" in un mondo che invece ci vorrebbe tutti super uomini e super donne, efficienti e disponibili sempre e comunque.

Forse, ha ragione Tornatore: "uscire di scena" è più difficile che entrarvi. E non è da tutti. Grazie Santità per il buon esempio, per averci fatto capire che non possiamo essere uomini e donne per tutte le stagioni, anche se dobbiamo viverle tutte con la grazia e la forza di Dio.



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