Lavoro e gioco
Fin da piccoli, abbiamo imparato a giocare, per divertirci, per stare insieme e per dare prova della nostra abilità. Erano degli aspetti spontanei e, quando non riuscivamo a vincere una partita, o giocando alle biglie o con le figurine dei calciatori che lanciavamo verso il muro, non eravamo contenti. Ma bastava poco per ricominciare il gioco. Tutto questo l’ho ritrovato in Africa, vedendo i bambini che correvano dietro a un cerchione di bicicletta, che costruivano dei giocattolini con il bambù o il fil di ferro, che si divertivano a saltare dentro uno pneumatico dell’auto. Poi, se partiva un po’ di musica, non la smettevano di danzare. E c’era sempre qualche cagnolino che correva loro incontro. Certo, i cani in Africa fanno una… “vita da cani”. Nessuno gli dà da mangiare. Sono magri e spesso pieni di zecche. Poi, qualcuno ha la fortuna di accompagnare il cacciatore e mangia un po’ di più. Ma sono casi rari. Però il cane è sempre leale con chi gli sta vicino. E tante storie che ho letto su di loro me lo confermano ogni giorno. E vedo che anche a loro piace giocare, dopo aver fatto il proprio lavoro. Potrebbe essere un piccolo programma di vita: lavoro e gioco. Chi lo sa.
Intanto loro continuano a fare quello che sanno fare ed hanno un fiuto nel riconoscere le persone vere a cui dare e da cui ricevere fiducia. Se poi ci si aggiunge anche il gioco, credo che anche loro avranno un po’ felicità.