Skip to main content

Lasciateci partire - La figura del missionario è cambiata

Condividi su

La gente non sogna più un missionario alto e forte, capace di risolvere tutti i problemi da solo. Soprattutto in Africa. I missionari più ricercati sono oggi quelli che sanno vivere accanto alla gente che nasce, vive e muore in condizioni di violenza.

Nessuno ha più nulla da perdere. Ma nessuno vuole privarsi dell'amore e della comprensione del missionario che rimane con loro a condividere il nulla che resta. Nessuno domanda più al missionario: "Che cosa ci hai portato? Quanti anni hai?". Basta che viva accanto a loro. Ogni giorno.

Che non arrivi mai a dire: "Ora sono stufo: me ne vado; i vostri guai risolveteveli da soli". Quella che un tempo costituiva l'attività specifica del missionario, ora lo sanno fare gli indigeni: curano gli ammala ti; predicano la fede; hanno imparato a costruirsi le casette più durature. Lo fanno, se vogliamo, all'africana.

Ma si fanno capire dalla gente, più di quanto sappia farlo un missionario straniero.

Io ho un sogno

Recentemente il Superiore Generale dei Saveriani ha voluto prendere in considerazione il fatto che la missione si compie oggi nella debolezza. Io stesso, girando il mondo, mi sono reso conto che ai missionari non viene più chiesto di costruire cattedra li. Viene richiesto di restare nel villaggio, dopo che sono passati soldati e ribelli. Di rimanere lì come crocifisso tra tanti crocifissi, spaventati e disorientati da una violenza senza fine.

Rivolgendosi a noi missionari il nostro Superiore ha detto di coltivare in cuore un sogno e un'aspirazione. Il sogno è che anche i missionari oltre i 60 anni si tengano disponibili a ripartire in missione. Le prove che hanno affrontato durante la loro vita costituiscono un valido banco di prova per chi vuol ripartire.

Per spiegare quanto bene possa fare un missionario che sta con la gente, ha scelto nientemeno che l'esempio di Papa Giovanni. Il Papa che continua ad essere ricordato da tutti per aver passato gli ultimi sette anni della sua lunga vita a voler bene e a farsi voler bene dalla gente semplice: prendiamo l'esempio di Papa Giovanni che ha accettato di diventare Patriarca di Venezia a 65 anni. Il suo diario custodisce anche un'altra espressione stupefacente: "Mi è stato chiesto di diventare Papa, all'età di 70 anni. E io obbedisco".

E un'aspirazione

Ma il Superiore dei Saveriani coltiva in cuore anche un'aspirazione, un'aspirazione che aveva fatto scalpore anche nel libro degli Atti degli Apostoli, scritto agli albori della missione. Ai tempi degli Apostoli lo Spirito Santo in persona si rivolgeva alla Comunità cristiana per promuovere in lei l'aspirazione più profonda: "Concedete a Paolo e Barnaba di partire in missione.  Io ne ho bisogno". E la Comunità si appella alla fede e accetta il distacco.

Ecco, credo sia proprio questa l'aspirazione che il nostro Superiore Generale intende assecondare dopo aver visto come vanno le cose nel Sud del Mondo: che i nostri amici in Italia incoraggino i Saveriani: "Cari missionari, il vostro posto è là, in prima linea. Al di là delle consolazioni che ci date, noi qui siamo ben serviti e la nostra missionarietà è tanto cresciuta negli ultimi decenni. Partite. Siamo contenti che partiate. Non cadete nella tentazione di rimanere qui tra noi, dicendo che qui c'è più bisogno che nei villaggi africani".

Io credo che il nostro Superiore non si sia nascosto dietro un sogno e un'aspirazione per sollevare un grosso peso che ha sulla coscienza. Ma è andato dritto ai segni che provano quanto la missione è cambiata.

Con i piedi per terra

"C'è bisogno di voi". Non pensate che, dopo aver ascoltato una simile provocazione, i missionari Saveriani di Piacenza, si ritrovino con i piedi sollevati da terra. La possibilità di tornare ad annunciare il Vangelo, con le armi della saggezza e della croce, ci dà la carica. Ciò nonostante rimaniamo realisti. A sessant'anni gli acciacchi si sentono, e come no.

Proprio in questi giorni ci è giunta la lettera di p. Gerardo, uno dei Saveriani che ha accettato di ripartire, a sessant'anni compiuti, per la Sierra Leone, il Paese dei bambini soldato, che tagliavano le mani ai prigionieri. Ve ne trascriviamo una parte.

"Cari confratelli, la città di Makeni ha ricominciato a vivere verso Natale, quando è stata liberata dalle truppe delle Nazioni Unite. I padri hanno trovato la città e i villaggi distrutti e saccheggiati. Delle case dei missionari rimanevano in piedi solo i muri. Le lamiere dei tetti, le porte, le finestre, perfino le mattonelle di cemento: tutto era stato divelto e portato via.  Bisognava adattarsi a dormire sotto le stelle.

Ciononostante da Natale a Pasqua il numero dei catecumeni si è subito rinfoltito. Aveva bisogno di riassaporare la pace, di salvarsi per davvero. Si muovono nella speranza di incontrare Cristo. Di fare parte di una comunità, dove si prega e si canta insieme; dove tutti condividono il poco che c'è, dove si fanno opere di pace. Dopo anni di dispersione e di sofferenza, nella notte di Pasqua, abbiamo battezzato giovani e adulti, consapevoli che le promesse degli uomini finiscono sempre col deludere, mentre Cristo non delude mai: Gesù Cristo, ieri, oggi, sempre.

Questa e non altra è la bella notizia di cui voglio farvi partecipi, dopo che sono tornato in Sierra Leone. La gioia di questa prima Pasqua. È una notizia bella, perché la gioia profonda, esplosiva, si è accompagnata alla mia fragilità fisica.

Domenica scorsa, quando è arrivato il tempo della Messa, ho cominciato a sentirmi male. Più procedevo verso il cuore della celebrazione e più la febbre cresceva, togliendomi ogni dubbio circa la causa: era la malaria che mi dava il primo solenne battesimo in terra d'Africa. Ad un certo punto ho dovuto, mio malgrado, sospendere la celebrazione. I capi Comunità mi hanno sostituito e hanno portato avanti la preghiera della Comunità.

Alcuni anziani mi hanno soccorso e consegnato nelle mani di un medico africano. Ci sono voluti alcuni giorni prima che la febbre e i tremori si sedassero. Questo soprassalto di malaria mi ha fatto toccare con mano come non sia più il missionario ad assistere i poveri. Al contrario, sono i poveri che assistono il missionario! Le esperienze più  rivoluzionarie della missione si fanno solo oltre i sessant'anni".

Cari amici, lasciateci ripartire!



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 5471.96 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Gennaio 2016

I presepi con i colori del mondo

Anche quest’anno, presso la casa dei saveriani di Vicenza, si è tenuta la 15ª mostra del presepio missionario. Sono stati circa 400 i modelli espos...
Edizione di Febbraio 2012

Tra crescita e responsabilità, con il gruppo ''Missione giovani''

È stata un'esperienza di quelle che ne fai poche nella vita, e che ti fanno maturare sotto ogni punto di vista... Sembrano frasi fatte, ma non trov...
Edizione di Novembre 2012

Missione in tutte le direzioni, Cristo e il vangelo per l'umanità

L'11 ottobre 1962, cinquanta anni fa, papa Giovanni XXIII apriva ufficialmente il concilio Vaticano II, con la partecipazione dei vescovi di tutto ...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito