La vocazione, guardando mio padre
Nel 1958 in una scuola liceale di Bologna stavo facendo un incontro con gli studenti. Verso la fine, un giovane signore mi domandò: "Vorrei sapere perché lei si è fatto missionario?". Risposi: "Non lo so!". Il giovane andò su tutte le furie. Reagì bruscamente: "Lei mi prende in giro! Da anni è sacerdote e missionario, e non sa perché si è fatto missionario?".
Replicai: "Lei deve sapere che io decisi di farmi missionario a cinque anni. Mi sa dire lei quali ragioni può avere un bambino per decidere di diventare missionario? Certamente le ragioni ci sono, e oggi posso darle mille ragioni, ma sono venute dopo anni di cammino nella via della preparazione e della vita missionaria".
Su un cosa sono sicuro: non potevo e non posso essere altro che missionario! L'ispirazione è scesa dall'Alto su di me, quand'ero ancora bambino. Fu come un raggio di luce arrivato dentro di me, che mi portò la vocazione missionaria. Nella cultura bengalese il primo raggio di luce è chiamato "il momento di Dio!". Così anche per me: la "prima luce" della vocazione missionaria è stata "il momento di Dio", una luce viva e chiara che mi indicava di diventare missionario.
La mia vocazione è nata proprio nel segno della passione di Cristo, vedendo mio padre con le mani sanguinanti, sulla croce. Papà Riccardo faceva parte del gruppo teatrale della parrocchia di Villaverla (Vicenza). Il venerdì santo veniva rappresentato il dramma della Passione e mio padre recitava il ruolo del Cristo (l'immagine è di Soraya, rinomata pittrice musulmana del Bangladesh).
Il giorno che sono stato ordinato sacerdote nel duomo di Piacenza, il 10 marzo 1951, il primo ad arrivare fu mio fratello Giuseppe. Prima ancora d'abbracciarmi, mi disse: "Dimmi che diventerai un santo prete!". Subito risposi: "Sì, diventerò un santo prete!".
E mamma, mentre la accompagnavo alla stazione per tornare a casa, si fermò all'ingresso e disse: "Ho pregato tanto! Possibile che tu possa diventare un cattivo sacerdote?". La rassicurai ripetendole il proposito che avevo fatto al fratello Giuseppe. Su queste due tracce, ricevute da papà e mamma, ha camminato la mia vita missionaria.
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