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La sorpresa di tre uova di Pasqua

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L’uovo di Pasqua era stato scelto dai cristiani  d'altri tempi per rivestire di immagini la propria fede nella resurrezione di Gesù. Quest'anno, dal nostro uovo di Pasqua, sono uscite alcune sorprese di resurrezione; preziose per illustrare quello che i poveri e la gente comune fanno in terra di missione.

La prima sorpresa ce l'ha offerta p. Giovanni Pes. Ci troviamo insieme da un anno. Più volte p. Giuseppe ed io l'abbiamo sollecitato a raccontarci la sua vita missionaria. Ma lui ha continuato a svolgere il suo ruolo di amministratore, non lasciando mancare nulla alla nostra piccola Comunità di Piacenza; è riuscito anche a non perdere occasione per andare ad aiutare le parrocchie del piacentino che cominciano a mancare di preti. E riusciva sempre a sviare le nostre richieste sulla sua storia di missionario.

E ha continuato a custodire gelosamente la memoria di quanto aveva fatto in Africa.

Il vulcano e la fede

Personalmente ricordo quando p. Giovanni arrivò in Africa. Fu subito inviato in un villaggio lontano, che si poteva raggiungere solo percorrendo una strada impervia. I missionari che erano là da gran tempo, dopo essersi assicurati che conoscesse sufficientemente la lingua, lo inviarono a dirigere un grosso collegio di scuole superiori. Mi ricordo che provai tanta tenerezza per lui.

Ammirai anche il coraggio con cui andava verso l’ignoto. Poi, quando cominciò ad assommare strati di fatica e strapazzi senza numero, lo persi di vista. Le nostre strade si erano divise e l'ho incontrato nuovamente solo un anno fa. Ora la sua schiena è piuttosto malandata.

Improvvisamente ha dato un colpo alla crosta di cioccolato e ci ha rivelato un segreto che custodiva gelosamente in cuore. A fargli tirare fuori la sorpresa di Pasqua è stato il vulcano del Congo: si è risvegliato ed ha riversato un fiume di lava largo ottocento metri, sulla città di Goma. Era un brutto giorno di questo martoriato 2002. Sulle pendici di quella montagna maledetta, p. Giovanni aveva lasciato numerosi amici.

In una notte la colata di lava fumante aveva inghiottito le loro capanne, insieme alla missione. Negli occhi di p. Giovanni sono tornate improvvisamente le immagini di laggiù: “Povera gente! Sono piombati nella miseria! Li conosco bene e sono sicuro della loro fede; sono certo che non si ribelleranno contro Dio. Pregheranno per capire da Dio che cosa vuole da loro. Questi sono fatti che non puoi dimenticare”.

Padre Giovanni parlava a getto. E nessuno di noi aveva il coraggio di interromperlo: "Mi hanno scritto che in quello scenario infernale, due africani hanno messo a rischio la loro vita per salvare p. Luigi Santorio, che era tanto stanco da non riuscire a sfuggire alla lava!".

L'inondazione e la solidarietà

La seconda sorpresa di Pasqua ci è arrivata dall' Indonesia. I nostri missionari hanno vissuto e scritto di una terribile inondazione che ha trascinato in mare le capanne di migliaia di poveri, in gran parte musulmani. L'acqua è entrata anche nelle chiese ed era così alta che si è dovuto sospendere le funzioni. Un'altra tragedia di acqua e fuoco che va ad aggiungersi a quelle che in questi mesi hanno messo a dura prova la gente in Perù, in Bolivia, in Nigeria. 

Tra le notizie che ci giungono dai nostri missionari emergono due fatti che gettano nuova luce sul modo in cui cresce la missione, oggi. Buddisti e cristiani si sono uniti in una catena di solidarietà per aiutare chi stava peggio. È questa la prima volta che nella storia di quel Paese, la gente di due religioni così diverse si mette insieme per un'opera di solidarietà. Questo è il primo fatto significativo.

Il secondo, non meno significativo, è il fatto che i novizi dei Saveriani, hanno sospeso i loro programmi di studio e di preghiera per avventurarsi nel fango ad aiutare e consolare tanta gente che aveva perso tutto, e veniva abbandonata a se stessa.

Due fatti che testimoniano come la storia dell'umanità è intessuta dalla gente semplice, che tira fuori dalla sua fede la forza per vincere la natura e far star meglio le persone che soffrono.

La missione e i ragazzi

Una terza sorpresa ci è giunta con una lettera di p.Giuseppe Veniero, uno dei missionari del Congo che hanno speso più energie e che ora si appresta ancora una volta a ricominciare tutto da capo.

"P.Giovanni, ricordi la missione di Kampene dove hai lavorato e quanto da fare dava anche a te? Ora non ci sono più strade percorribili in auto. I ponti non ci sono più. La macchina della missione è ferma da tempo immemorabile.

Noi siamo rimasti in due e le Comunità dei cristiani hanno deciso di scegliere dei ragazzi per accompagnare i missionari nei loro spostamenti nella foresta. E c'è una differenza fondamentale tra i ragazzi portatori: la macchina non imparava a fare la missionaria; i ragazzi invece imparano a far missione. Vedete come la necessità aguzza l'ingegno?

Dall'Italia ci hanno inviato quattro zaini, troppo grandi per questi ragazzi. Li trascinano a malapena, non perché sono pesanti, ma perché sono troppo grandi per la loro statura. Io ne uso un quinto che andrebbe bene per la loro misura: 50 centimetri di altezza per ventidue di larghezza. Se conoscete qualcuno che ci volesse dare una mano, la gente della missione vi sarebbe riconoscente.

Solo dovrebbero esser zainetti impermeabili, perché, voi lo sapete bene, gli acquazzoni nella foresta penetrano anche negli angoli più protetti. Poi, sempre se ci date una mano, vi comunico anche un altro problema urgente per il quale abbiamo chiesto aiuti senza mai ottenerne. Qui si diffondono il diabete e la tubercolosi, che non hanno mai mollato la presa. La nostra gente non ha i soldi per cure prolungate richieste da questo genere di malattie.

Per abbandonare le cure sporadiche ci occorrerebbe un piccolo fondo. Sapete, più che parlare, io amo agire. Vedete voi se potete trovare parole più convincenti delle mie, per aiutare questa gente a cui voglio tanto bene".



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