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La “grande speranza”, Il banco di prova della missione

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Qual migliore viatico per l'anno nuovo che la lettera enciclica del Papa "Spe salvi", che egli ci ha regalato alla vigilia dell'avvento? La nuova enciclica riguarda tutti i cristiani, e anche tutti gli uomini di buona volontà. Ma per noi missionariessa ha un significato speciale. Ci conferma nella missione di portatori di speranza; ci richiama ai valori che la compongono e che non finiremo mai di approfondire.

In un tempo di incertezze e di crisi, mentre si parla di fine della cristianità - ma anche di fine della cultura occidentale e della modernità -, il Papa ci offre un coraggioso messaggio di speranza... sulla speranza.

Possiamo ancora sperare?

Davanti a chi dubita che ci sia ancora un futuro per questo nostro mondo, Benedetto XVI si pone alcune domande esistenziali: "Possiamo ancora sperare? Che cosa possiamo sperare?". E con le sue risposte, chiare ed essenziali, egli orienta la vita cristiana e la missione della chiesa, come ha già fatto anche in occasione del convegno della chiesa italiana a Verona.

La missione ad gentes consiste in questo: portare speranza a coloro che "sono senza speranza e senza Dio nel mondo" (Ef 2,12). San Paolo sapeva bene che questi ultimi "avevano una religione, ma i loro dei si erano rivelati discutibili e dai loro miti contraddittori non emanava alcuna speranza". Solo dalla fede, intesa come adesione personale a Cristo, poteva venire loro la speranza, la certezza di avere un futuro su cui contare.

La fede diventa speranza

Il Papa illustra questa sua affermazione con la storia commovente di santa Giuseppina Bakhita, la piccola schiava africana del Darfur. La fede in Cristo diventa speranza, futuro presente cioè, certezza che la nostra vita "non finisce nel vuoto".

Noi siamo testimoni che la fede cambia la vita di coloro che l'accolgono, muta le relazioni delle persone, perché la "vita eterna" è una nuova vita, un nuovo modo di vivere per Dio e per gli altri. La vita alla luce della "grande speranza" non è più schiava delle leggi della materia che governano il mondo. Ma è aperta verso l'Alto, verso una Persona che ci ama e ci permette di guardare al futuro senza paura. La "grande speranza può essere solo Dio; quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine".

La speranza missionaria

La speranza dei cristiani è sempre una speranza missionaria. "È sempre una speranza anche per gli altri; solo così è veramente speranza anche per me". Il filosofo Gabriel Marcel pregava così: "Signore, spero in Te per noi".

Con questa enciclica il Papa richiama noi missionari, portatori di speranza, a verificare la qualità della speranza che portiamo agli altri. Crediamo nella risurrezione? Noi, come tutti, desideriamo e annunciamo la vita - quella piena, che vale la pena di vivere -, ma ci rendiamo conto che questa qui tra noi non c'è.

Non possiamo illudere i nostri fratelli promettendo felicità e benessere, se non annunciamo la vita del Crocifisso risorto, di Colui che è il solo Salvatore. Il progresso umano, come tentativo di far uscire da ogni dipendenza, e la scienza, come strumento per un mondo nuovo, non riescono a guarire l'uomo e a creare una società nuova, se non nel quadro di questa "grande speranza".

Solo allora viviamo

Benedetto XVI, riecheggiando un avvertimento di Paolo VI, ci ricorda che "se al progresso tecnico non corrisponde un progresso di formazione etica dell'uomo, nella crescita dell'uomo interiore, non è un progresso, ma una minaccia per l'uomo e per il mondo". E ancora: "La vita, nel senso vero, non la si ha in sé da soli, e neppure solo da sé: essa è una relazione. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore - che è Vita e Amore - allora siamo nella vita. Allora «viviamo»". Solo così la nostra missione è efficace.

Infine, ci ricorda che la misura dell'umanità e della verità della missione, "dipende dal genere e dalla misura della speranza che portiamo dentro di noi e sulla quale costruiamo". Perciò dobbiamo alimentare questa speranza con la preghiera e con la condivisione della sofferenza del mondo.

Siamo portatori e promotori di autentica speranza? Questa sarà la condizione; questo sarà anche il banco di prova, del nostro essere missionari.



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