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La giornata della missione compiuta tra i Kayapò

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La vita è sempre vincente

Alle sette del mattino, aspettando fr.Raymundo, ci scambiamo un pensiero sul Vangelo del giorno: "Se è così, è meglio non sposarsi". Santiago mi fa notare la realtà della famiglia, oggi. Tutto provvisorio.

Arriva Raymundo e iniziamo le Lodi e la Messa. Tocca a Santiago, oggi proprio a lui, coordinare la preghiera. Dopo il Vangelo, nelle preghiere spontanee, ricorda la situazione dolorosa di due giovani di São Félix do Xingu le cui famiglie si sono divise dopo una trentina d’anni di convivenza. E ci chiede di pregare insieme per loro. Santiago è sempre un po’ restio negli interventi durante la preghiera dei fedeli. Oggi è proprio lui a prendere l’iniziativa.

Dopo colazione, assieme agli indios, vado nel terreno dove sarà costruito il nuovo villaggio, per ammucchiare rami e tizzoni superstiti della "queimada". Santiago mi raggiunge, armato di un grande machete per aiutarmi nella pulizia del terreno della nostra futura casa. Poi preferisce la scure. Ha già divelto vari ceppi. Più tardi, tornando al villaggio, mi mostrerà l’effetto del suo entusiasmo: una gran bolla nella mano destra. "Non fa male, perché non s’è aperta!".

Lavorando insieme, ci scambiamo pareri sulla probabile prossima presenza saveriana in Redenção, per accompagnare i Kayapó nelle loro sempre più frequenti visite a quella città.

– Sì, d’accordo – dice Santiago. – Dobbiamo aprirci di più, allargare l’orizzonte missionario, per quanto riguarda la pastorale indigenista. Altri, fra i nostri, dovrebbero impegnarsi su questo fronte.
– Hai ragione.
Mancano dieci minuti alle undici e mi dice:
– Io vado.
– Vengo con te.

Passando dal terreno bruciato alla strada appena aperta dal trattore (è della ditta che commercia il mogano degli indios), Santiago affonda i piedi nella cenere ardente. Fa un salto e ne vien fuori senza ustioni, ma i sandali sono restati là sotto. Frughiamo con la scure e peschiamo un sandalo già bruciacchiato. Santiago adesso cammina scalzo.
– Tanto in casa ne ho un altro paio.
Strada facendo incontriamo Mokuka. Adesso le pietruzze si sentono. E Mokuka dice: "Usa i miei sandali. Io ho i calzettoni da giocatore".

Santiago accetta volentieri quell’attenzione. Arrivati a casa, Santiago va subito al fiume per il bagno. Io lo raggiungo poco dopo. È il mio giorno di cucina e lascio sul fuoco la pentola con il pesce.

Raymundo è a pescare e tornerà nel tardo pomeriggio. In casa Santiago intona il Padre Nostro e… buon appetito. Pranziamo con il giovane capovillaggio che arriva all’ora giusta ed è nostro gradito ospite. Si parla del nuovo villaggio, che sarà molto bello, perché l’area in preparazione è grande ed è tutta piana, con un grande albero in mezzo. Il pagé ha detto che è un albero medicinale.

Sparecchiamo e Santiago stende la sua amaca per la siesta. Anche io, approfittando del lungo sedile nell’entrata. Dopo la siesta Santiago parte da solo per la pesca. Io torno all’aperto per rinfocolare i falò della mattinata.
Alle sei di sera torno verso casa ed incontro il capo dei guerrieri giovani.
– Dukre, dove vai?
– Sono venuto a cercarti. Santiago è morto. Era a pescare assieme a Piycore. Piycore è andato, con la rete, dall’altra parte del fiume. Quando è tornato ha visto Santiago morto, nell’acqua bassa.

La notizia mi sconvolge. Penso a quei malori che ogni tanto capitavano a Santiago. Diceva: "Non preoccupatevi. Mi conosco. Sento quando non sto bene ed io stesso reagisco evitando il pericolo". "Ma…". "Non preoccupatevi!".

In silenzio riprendiamo la strada verso il villaggio. Sperimento una grande pace. Mi pare di vivere la giornata più bella di Santiago. Dev’essere un suo regalo. A Moikàràkó anche l’aria è ferma. A intervalli e all’improvviso il canto rituale delle donne. Esse vorrebbero il corpo di Santiago per dipingerlo tutto. Ma, via radio, la notizia è già arrivata a São Félix e a Bélem: domani mattina arriverà un aereo per prelevarlo. Diciamo che, forse, la famiglia di Santiago, dalla Spagna, sta aspettando. E nessuno insiste più.

Il corpo, a richiesta della comunità indigena, viene trasportato dalla nostra residenza alla Casa dei guerrieri, per la veglia notturna. Secondo la tradizione kayapó, la salma viene avvolta nell’amaca e nella coperta usata da Santiago per la notte e adagiata su un doppio strato: una stuoia di foglie di palma ed un grande incerato. Accanto, in quattro sacchi, viene deposto tutto ciò che apparteneva a Santiago.

Attorno, candele accese. Le famiglie sono lì rappresentate; anche i bambini, che già dormono in braccio alle mamme, alle nonne, alle zie. Nelle case vicine andiamo a prendere la legna secca e quattro, cinque fuochi stemperano la notte limpida e molto fredda. Aspettiamo insieme il giorno ed il camioncino che trasporterà il corpo di Santiago al campo di aviazione più vicino.

Si vede e si sente tutto il gran bene che Santiago voleva agli indios e tutto il gran bene che loro gli volevano. E certamente, adesso, da parte di Santiago, ancora di più.

C’è anche un’altra notizia, nel primo pomeriggio, qui a Moikàràkô, Rikdjam ha dato alla luce un bambino.

È la vita! Sempre vincente.

  • p. Pino Leoni, sx
    Kayapo’, Amazzonia.


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