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L'esperienza: Non c’è tempo di pensare

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Dal diario del medico saveriano dott. Gildo, missionario in Bangladesh e ora alla casa madre di Parma dove segue i confratelli bisognosi di cure.

Sono tornato in città dal villaggio di Chuknagar, dopo una settimana di intenso lavoro. C'è un caldo come in Italia ad agosto. Ho ancora una buona riserva di pazienza, per cui riesco a passare le mie ore senza troppi turbamenti. Solo stamattina sono sbottato quando una donna mi ha portato il suo bambino pieno di scabbia, talmente infetta da far rabbrividire. Mi ha detto che le medicine che le avevo dato dieci giorni prima non avevano funzionato. Ma aveva dato al figlio solo quelle per bocca, evitando di spalmargli l'antiscabbia sul corpo.

2009 2 infermi2Tra i tanti bambini che ho visitato durante i giorni passati, alcuni si sono lamentati che "stare sui libri provoca loro il mal di testa". Hanno confessato che si sentono meglio quando lavorano, magari mietendo il riso, come alcuni già fanno. E noi che vogliamo rinchiuderli dentro le scuole per il cosiddetto progresso!

Durante i viaggi in pullman avanti e indietro dai villaggi, ho ripensato al profeta Gibran che in una delle sue tante pagine scrive: "Esistere oggi è seguire la Bellezza, anche quando vi guiderà sull'orlo del precipizio, e benché essa abbia le ali e voi no e varcherà il precipizio, seguitela, perché dove non esiste Bellezza, nulla esiste...".

Sono preso dai pensieri degli altri

Il villaggio, con la sua vita e la sua gente, mi ripropone giorno dopo giorno sempre nuovi interrogativi. Un mattino, leggendo il brano del vangelo durante la Messa, un pensiero mi ha attraversato la mente. Dice san Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo sapere la via?" Gesù risponde: "Io sono la via, la verità e la vita...". Gesù è la via; ma anche la vita che viviamo ogni giorno è la via che percorriamo. Allora, vita e via si identificano. La verità, poi, riposa proprio in questa uguaglianza: via e vita sono la stessa cosa; sono il Cristo. È nel vivere che incontriamo la via, la vita, la verità. Il Cristo e la strada che facciamo per raggiungerlo, sono la stessa cosa.

È stata una sensazione, perché ho poco tempo per perdermi dietro ai miei pensieri. Sono soprattutto preso dai pensieri degli altri. Non c'è da annoiarsi, anzi. Mi dicono che dovrei mettere un limite al lavoro, ma come? Un giorno mi sono trovato in fila 600 persone. C'era lavoro per due settimane. Qualcuno dice che su 100 beneficati, 50 non ti guarderanno più in faccia, perché non vorranno ricordare che tu li hai beneficati; 25 penseranno che era tuo dovere beneficarli; 15 pretenderanno da te maggiori benefici; 9 ti renderanno il male per il bene ricevuto; 1, forse, ti sarà grato e comunque, sarà sempre un povero.

Quando i conti non tornano

Il villaggio mi regala sempre nuove esperienze e mi costringe a nuove riflessioni. Doveva capitare che prima o poi venissero a chiamarmi per qualche complicanza durante un parto.

Una ragazza di 17 anni, sposata da poco più di un anno, aveva un addome piuttosto piccolo se paragonato all'avanzamento della gravidanza. L'ecografia parlava, infatti, di un feto di 30 settimane. Facendo i calcoli avrei dovuto trovare un pancione molto più grosso. Ho pensato a un corpicino minuscolo, come spesso capita da queste parti.

Il battito del bambino mi rassicurava sulla sua salute e così avevo iniziato a spiegare alla ragazza cosa le sarebbe capitato durante il travaglio. Su tutto questo regna una sorta di tabù, difficile da superare. Benché nella società bengalese l'uomo sia tenuto ben lontano durante tali eventi, ho voluto che anche il marito fosse presente e ascoltasse quanto dicevo.

Il parto, come su un palco del teatro

Sono tornato al villaggio dopo una settimana e di primo mattino il marito della ragazza mi informa che la moglie aveva rotto le acque durante la notte. Faccio un salto per avere un'idea della situazione. Avevo trovato la ragazza distesa sulla veranda. La capanna, per essere al riparo da allagamenti, era poggiata su una sorta di piattaforma in terra battuta. Questo faceva sì che tutto si svolgesse come sul palco di un teatro: attorno c'erano le donne del vicinato insieme ai bambini. Solo gli uomini sedevano in disparte.

C'era tempo, e così ho spiegato alla levatrice alcune cose. Poi, tra la meraviglia di tutti, ho detto alla ragazza di alzarsi e tenendola per mano ho cominciato a farla camminare sull'aia davanti casa. Non so cosa stessero pensando nel vedermi andare a spasso in quella maniera. Indubbiamente non apparteneva alla loro cultura...

Alle 3 del pomeriggio, ho ritrovato la ragazza distesa, mentre l'ostetrica mi informa che ormai il bambino era in procinto di uscire. Sperando e pregando, ho chiesto alla madre di provare a mettersi accovacciata per facilitare la spinta dell'addome. La donna era ormai spossata e non reagiva a nessun invito. Prima di tornare alla missione, ho detto all'infermiera di farle una fiala di ossitocina (per accelerare il travaglio). Dopo quindici minuti mi informano che il bambino era nato. Era andato tutto bene.

La stessa gioia, lo stesso Dio

Il bambino, piuttosto piccolo, aveva un bel color rosa. Mi sono congedato accarezzando il volto della ragazza. Il suo sari sporco di sangue, così come il pavimento della veranda, le tante donne e i bambini, mi si riflettevano dentro, dandomi la chiara idea del mondo in cui stavo vivendo.

Indubbiamente tutto questo è distante anni luce da quanto siamo abituati a vedere negli ospedali italiani; eppure può acquistare i caratteri dell'arretratezza o della poesia, a seconda degli occhiali che ci mettiamo. I rischi indubbiamente sono infiniti, ma c'è la stessa attesa, la stessa gioia, la stessa umanità..., lo stesso Dio.

A sera, pensavo a quanto di nuovo mi ritrovavo dentro: un attimo di poesia, di bellezza, di dolcezza, di eternità. Un bimbo appena nato e la sua mamma esausta; l'uno disteso e l'altra seduta su una veranda di fango sporca di sangue in un villaggio sperduto nella campagna del Bangladesh. E io rimanevo a guardarli meravigliato, come si guardano i fiori del campo o le vette dei monti al tramonto del sole.



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