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L’Albania e il senso di comunità

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I bambini di Bathore (quartiere periferico di Tirana) sono pieni di gioia, nonostante il loro papà non lavori, la loro casa sia piccola e a volte circondata da immondizia che brucia, nonostante l'acqua per potersi lavare ci sia una sola volta al giorno e per un'ora soltanto e nonostante non abbiano uno smartphone e una Playstation con la quale giocare.

L’accoglienza della gente del posto è stata fantastica. Ci hanno spalancato le porte delle loro case e ci hanno offerto tutto ciò che potevano darci. Non avrei mai immaginato tanto amore e tanta serenità nell'accogliere un gruppo grande come il nostro. Ovviamente c’è anche qualcosa di negativo: il Paese è stato perseguitato, distrutto spiritualmente dalla spietatezza di un uomo, Enver Hoxha, e del suo regime comunista. Durante la tirannia, furono distrutte o chiuse tutte le chiese d’Albania, uccisi o incarcerati vescovi, sacerdoti, religiosi e suore perché il delitto più grave era considerato credere e professare la propria fede. Chi veniva trovato con una Bibbia o un rosario era subito incarcerato, torturato o ucciso.

Il popolo albanese non si è mai arreso. Infatti, si continuava a pregare di nascosto, come ci racconta suor Gange, tutti insieme attorno a una candela o addirittura al buio, come faceva suor Rita con la sua famiglia per evitare che si venisse scoperti. Durante la persecuzione, si pregava il rosario a casa, mandando uno della famiglia fuori per assicurarsi che non ci fosse qualcuno pronto a denunciarli per consegnarli al regime. Normalmente la preghiera si svolgeva al buio, e i bambini che nascevano erano battezzati dai loro nonni o genitori. Si faceva sempre, nella propria mente e nel proprio cuore, il segno della croce.
Un “Humam”, capo della Moschea, ci ha raccontato che, soprattutto nelle fabbriche, cristiani e musulmani si aiutavano reciprocamente per non diminuire la produzione. Durante il periodo del Ramadan, i cristiani si sacrificavano per produrre di più così da “coprire” i loro fratelli musulmani che osservavano il digiuno; lo stesso avveniva durante la quaresima: i musulmani lavoravano di più per aiutare i cristiani in digiuno.

Dice Giulia: “Dobbiamo svegliare nel cuore delle persone la nostalgia della pace; l'uomo è creato per la pace, ama e ricerca la pace. Occorre svegliare la coscienza della persona per svegliarla”. La vita è relazione, quando c’è la guerra si distrugge la "comunicazione", si erige un muro e si pensa che dietro vi abiti un mostro (il nemico). Carlo aggiunge: “Mi ha particolarmente colpito il senso di comunità. Insieme si possono fare grandi cose. Ognuno ha rinunciato a qualcosa di sé per un obiettivo comune, la missione”.
“Siamo passati dalla dittatura del regime alla dittatura delle cose, che non ci permette di riconoscere e vivere l’essenziale”, diceva suor Gange. Quanto siamo ciechi? Siamo immersi in una realtà superficiale, effimera e meschina, circondati solo dalla ‘’roba’’ di cui Verga già parlava nell’800, che ci rende insaziabili.  

Ora, per strada, nei bar, siedono solo uomini, spesso anziani che bevono raki e a volte passano il tempo con qualche gioco da tavolo. Di certo non si tratta di luoghi per donne. Le ragazze non possono uscire la sera, infatti all’oratorio sparivano prima di cena. Il trattamento riservato alle donne lascia intravedere i lati più oscuri di un eccessivo conservatorismo. A volte, il rispetto delle tradizioni si trasforma in divieti, repressione e nella negazione di alcune libertà. Le suore di Bathore hanno cercato a lungo di favorire l’emancipazione delle donne del quartiere. Nonostante questo, tanti giovani se ne vanno, anche perché l’università ha costi spropositati.



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