Insegnaci a contare i nostri giorni!
La piazza è vuota, il silenzio è impressionante, pioviggina e il cielo si oscura con l’arrivo della notte. Sono le sei della sera quando papa Francesco sale lentamente i gradini che conducono al baldacchino che protegge la sedia bianca. Tutt’intorno nella piazza sono accesi i bracieri e davanti alla solenne basilica sono esposte due immagini care alla città di Roma: il crocifisso dei Miracoli di San Marcello al Corso e l’Icona originale della Salute del Popolo Romano.
Il crocifisso ricorda la sofferenza e le migliaia di morti dovuti al coronavirus, l’Icona di Maria assicura la sua presenza di Madre. Nel deserto e nel silenzio della grande piazza, ecco che si eleva la voce di Francesco, per esprimere il dolore del mondo e per intercedere la liberazione dal male: “Siamo smarriti e impauriti… Signore, non lasciarci nella tempesta!”.
In quella sera, venerdì 27 marzo, noi della comunità saveriana di Vicenza eravamo riuniti davanti al televisore, come tantissimi altri nelle varie città e nei diversi paesi, un popolo invisibile e immenso, per vedere, ascoltare, vivere, pregare con papa Francesco. Il deserto di piazza San Pietro, i momenti di lungo silenzio, le parole e i semplici gesti del papa impressionano il nostro cuore.
Come in tantissime altre famiglie, il dolore della morte è entrato anche nel nostro istituto. A Parma ci hanno lasciato tanti confratelli. Li conosciamo e con alcuni abbiamo lavorato insieme. Ognuno di loro, morendo in modo inatteso e in tempi ravvicinati, strappa qualcosa della nostra vita. Ma il Signore aiuta noi, fragili e disorientati, a guardare con ammirazione la missione che hanno portato a termine e a implorare la loro preghiera per continuare sul loro esempio.
È deceduto, tra gli altri, fratel Lucio Gregato, ultimo arrivato in Italia dal Congo RD e in attesa di ripartire. È stato grande nell’amore per la gente e splendido nelle opere da lui realizzate come costruttore (scuole, case, chiese, e da ultimo un acquedotto che serve decine di villaggi…). Era maestro nell’arte di muratura, insegnava ai suoi operai con precisione, ed era loro fratello nella gioia e nella sofferenza. Ogni sabato pomeriggio, finiti i lavori della settimana, passava del tempo con loro per uno scambio di notizie, bevendo un bicchiere di birra insieme. Generoso nell’aiutare, pagava la dote a coloro che trovavano difficoltà per sposarsi e contribuiva alle spese scolastiche dei bambini di famiglie povere.
Appresa la notizia della morte di sette missionari che erano stati in Congo e delle migliaia di deceduti a causa della pandemia in Italia, gli universitari di Bukavu mi hanno scritto per avere notizie della mia salute con una certa preoccupazione. Qualcuno ha sentito anche delle voci (rumeur) sulla mia morte… Poi ha esclamato: “Grazie al Signore perché sei ancora in vita. Ma inviami una foto per rassicurarci!”.