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Il vangelo dentro le mocassino

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Là dove i bambini non rimangono orfani 

Padre Lino continua il suo racconto del lungo viaggio in vari paesi dell'America latina. In questa puntata, parla dell'incontro avuto con padre Francesco, un missionario saveriano che vive e lavora con gli indios Tupi Guarani del Brasile.

Un vecchio proverbio indios dice che per conoscere un indiano devi camminare dentro le sue mocassino, per tre giorni. Nei mocassini degli indios, padre Francesco ci ha fatto camminare il vangelo. Per cinquanta anni. Ebbene, non chiedetemi perché, ma mi ero messo in testa che, a Natale, padre Francesco sarebbe tornato in Italia, con i suoi fratelli e nipoti.

Ma lui mi ha scritto dicendomi che in Italia non tornerà mai più. Anche perché, l'ultima volta che è rimpatriato, qualcuno deve avergli rinfacciato che lui non ha più niente di italiano.

E così, p. Francesco ha scelto di occupare le sue giornate in una missione del Brasile, a raccontare i lunghi anni passati nella tribù degli indios Tupi. E io ho avuto la fortuna di ascoltarlo. Gli occhi socchiusi, il volto come roccia rossa scolpita. Le parole e le immagini scorrono come un fiume profondo.

"Sai tu che, dentro le riserve degli indios, nessuna casetta ha la porta? Lo sai perché? Perché l'ospite è sacro. Mischiato tra gli ospiti può presentarsi alla tua porta anche TU PEN, cioè Dio! Ecco perché nessuno chiude mai la porta in faccia all'ospite. I bambini? Non rimangono mai orfani. Quando i loro genitori muoiono non devono preoccuparsi.

Tutte le case sono dei bambini e il bambino, se ha perso i genitori, ha diritto di entrare in tutte le case ... ".

Quando i rami si muovono, Dio agisce

La chiesa dei Tupi è la terra e il cielo. Il cielo è la cupola del tempio degli indios. La terra serve per stendere la stuoia e i prodotti degli indios: mais, riso, granoturco, manioca; un favo di miele e poi due frecce per la cacciagione. P. Francesco ha celebrato la Messa seguendo il rito dei Tupi.

Davanti al padre seduto, hanno steso una stuoia e sulla stuoia hanno posato una scodella, il vino e l'ostia. Poi è iniziata la danza. Due ore. In seguito, il padre ha consacrato i doni. A quel punto hanno liberato la preghiera. Una duplice fila: la fila degli uomini e quella delle donne. Partono da una distanza di cinquanta metri, per avvicinarsi progressivamente.

Ognuno porta in mano una specie di cestino che contiene delle pietruzze. Dodici indios, cristiani già battezzati, hanno fatto la comunione. E gli altri chiedersi: "Perché loro sì e noi no? Anche noi vogliamo entrare in contatto con TU PEN. Anche noi lo ascoltiamo la mattina, quando si alza il sole. Le fronde delle palme tremolano al vento e ci fanno intendere che Dio parla al suo popolo. Quando le foglie danzano è Dio che danza. Quando i rami si muovono, è Dio che agisce".

Un figlio chiamato Ciù-ciù

Un pomeriggio verso il tramonto, ho chiesto loro: "Come potete voi dire che TU PEN cammina in mezzo a voi?" Mi sono sentito rispondere: "Fino a quando sentiremo il vagito del bambino, abbiamo la certezza che TU PEN continua a camminare con noi". TU PEN è vita e il bambino è vita.

Quando il bambino nasce, è bello vedere quanta cura gli riservino! Girano attorno alla capanna della partoriente. La comare lo prende, lo lava. La mamma si stende a terra e rimane col bambino sul seno. Mentre lui apprende a poppare, lei gioca, lo guarda, lo lecca, lo accarezza. Quando sentono il vagito del bambino , i vicini si dicono: "Guardate, TU PEN ha avuto un figlio. Si chiama Ciù-ciù, che vuol dire Gesù".

Padre Francesco aggiunge altra poesia al racconto: "Anche TU PEN è nato come tutti noi, dal seno della mamma. Anche lui è stato affidato ad una comare. Si chiamava Elisabetta ed è scesa con sua madre al fiume, a lavarlo". Le giovani mamme Tupi vogliono sapere come era la mamma di Ciù-ciù. E p. Francesco non rompe l'incanto: "Aveva la pelle uguale alla pelle delle vostre donne. I capelli lunghi come quelli delle vostre donne".

E con la coda dell'occhio vedeva che tutte le mamme presenti si tiravano i capelli verso il fondo della schiena, per averli lunghi come quelli della mamma di Ciù-ciù...



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