Il servizio con i detenuti di Ancona
Fin dall’inizio della mia presenza ad Ancona, sentivo il desiderio di essere vicino alle persone immigrate che vengono nel nostro paese. Per questo, ho chiesto di collaborare con la Caritas di Ancona.
Un paio d’anni dopo, ho incontrato l’attuale direttore della Caritas, Simone Breccia, che fa parte anche dei laici saveriani. Mi ha chiesto se ero disponibile per fare il volontario in carcere, perché erano pochi quelli che se la sentivano di farlo. Anche a me sembrava un impegno che andava oltre i miei desideri. Ma poi la pandemia dovuta al Covid-19 è arrivata, creando non pochi problemi al servizio di accoglienza dei poveri, perché il rispetto delle norme di sicurezza allontanava sempre di più questi fratelli.
Allora mi è tornato in mente l’invito che il direttore della Caritas mi aveva fatto due anni prima. E, da allora, ho cercato di entrare nel gruppo dei volontari che aiutano i carcerati. Ad Ancona ci sono due carceri, Monteacuto e Barcaglione, il primo per i reati più gravi, il secondo per coloro che sono stati già giudicati e scontano la loro pena. Al carcere del Barcaglione ci sono una settantina di detenuti, la maggior parte giovani che scontano la loro pena in attesa di essere rimessi in libertà.
Come volontari Caritas, svolgiamo un incontro alla settimana con chi desidera parlare con noi. Svolgiamo questo lavoro in coppia e cerchiamo di accogliere le richieste dei detenuti. Sono persone di varie nazionalità: dal Maghreb alle nazioni dell’Africa o di qualche musulmano dell’Asia. Non mancano certo gli italiani. In carcere sono tutti fratelli che il Signore ci chiede di accogliere. Nei colloqui manifestano i loro desideri più vari: chi per una scheda telefonica, chi per un vestito, chi per prodotti per la pulizia personale. Ma le richieste più frequenti riguardano il loro inserimento dopo la pena. E allora ci chiedono di informarci sui documenti necessari per loro o per i familiari, di aiutarli nel trovare una sistemazione provvisoria che li aiuti a reinserirsi nella società.
Quello che percepisco nei colloqui è il desiderio di ritrovare la libertà e di dimenticare il passato, cercando la strada per un nuovo inizio. Sono fratelli che non esprimono le loro convinzioni religiose, così diverse, ma il desiderio di parlare e di essere ascoltati da qualcuno che li aiuti. Noi facciamo del nostro meglio per ridar loro un po’ di speranza e la voglia di vivere bene il nuovo inizio della loro vita.