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Il progresso ha aperto gli occhi alla gente

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Il Bangladesh è un Paese povero anche se, ultimamente, ha fatto molti progressi economici grazie alla presenza di fabbriche per l’esportazione di tessuti e vestiario e di industrie per la produzione di medicine. Tutti prodotti che sono esportati in molti paesi del mondo. Contribuiscono molto al benessere le rimesse di bengalesi emigrati che lavorano all’estero, specialmente in Medio Oriente, Europa e America.

Un piccolo gruppo di persone molto ricche gestisce industrie e banche, guadagnando molto e vivendo nel benessere. C’è un altro gruppo che partecipa della ricchezza per il lavoro che fa, il ruolo che svolge nella società. Ma la maggioranza in massa delle persone è tagliata fuori da questa prospettiva positiva e vive nella povertà. Si può affermare, tuttavia, che attualmente in Bangladesh non c’è nessuno che muore di fame. Tutti hanno qualcosa da mangiare. Il significativo progresso economico ha cambiato l’immagine del Paese agli occhi del mondo, perché oggi ci sono più strade asfaltate, anche se molte piene di fosse e buche, molti palazzi, qualche grattacielo di 10-15 piani.

Il governo bengalese sta costruendo un ponte sul Gange, lungo sei chilometri e mezzo, che faciliterà moltissimo gli spostamenti su strada, soprattutto al Sud. Ora, per attraversare il Gange in condizioni e tempi normali, ci vogliono almeno quattro o cinque ore. In futuro basteranno quindici, venti minuti. Immagino che quando fra due anni il ponte sarà pronto, cambierà la vita del Bangladesh. Il progresso ha aperto gli occhi alla gente, così tutti mandano i figli a studiare per avere un diploma o una laurea. Ma già ci sono molti giovani che, pur avendo un diploma, sono senza lavoro per mancanza di prospettive.

Quando il primo gruppo di saveriani è arrivato in Bangladesh, nel lontano 1952, c’erano pochi cristiani nella nostra zona. Nel 1947, alla fine della Seconda Guerra mondiale, l’impero della grande India era stato diviso in due parti: l’India da una parte, il Pakistan Occidentale e Orientale dall’altra. I primi saveriani sono arrivati a Khulna, città nel Sud Ovest del Pakistan Orientale. I salesiani che vi erano prima, avevano preferito l’India al Pakistan, perché il confine dei due stati non poteva essere attraversato continuamente. I due paesi, per motivi religiosi, l’India a maggioranza Indù e il Pakistan a maggioranza musulmana, non erano in buoni rapporti fra loro e quindi bisognava decidere da che parte stare. I salesiani optarono per l’India.

A noi saveriani fu affidata la loro area. Da allora ci siamo dedicati all’annuncio del Vangelo, a battezzare, a costituire comunità cristiane e nuove parrocchie. Nacque così la diocesi di Khulna. Il primo vescovo della diocesi è stato un saveriano: mons. Battaglierin. Dopo la sua rinuncia, iniziarono a gestire la diocesi i vescovi bengalesi. A metà degli anni ’80, accanto all’attività pastorale nelle nuove parrocchie costituitesi, alcuni confratelli hanno iniziato un’ulteriore presenza fra i più poveri della popolazione. Li avevano identificati con i fuoricasta indù (non convertiti al cristianesimo), le popolazioni minoritarie dei tribali e i poveri musulmani.

A metà degli anni ’90, c’erano presbiteri diocesani che, dopo essere stati con noi nelle parrocchie, avevano espresso il desiderio di diventare parroci. Con l’accordo del vescovo, abbiamo gradualmente lasciato le parrocchie nelle mani del clero locale e abbiamo allargato la nostra presenza fra la gente di altre fedi religiose. Nel 1993 abbiamo aperto una nuova “quasi parrocchia” nella diocesi di Mymensingh nel Nord del Bangladesh. Attualmente, gestiamo una parrocchia fra i cristiani provenienti da fuori casta indù a Satkhira, nella diocesi di Khulna, e una parrocchia a Noluakuri, fra i tribali nella diocesi di Mymensingh.



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