Il povero Lazzaro
“Un po’ di pane, in nome di Dio” gridava il povero Lazzaro, bussando alla porta del ricco Giuseppe. Ma lui era occupato a mangiare e bere con i suoi amici. L’indifferenza di chi aveva tutto e non si accorgeva di lui, che non aveva niente, faceva stare male Lazzaro. Finalmente, un servo apre la porta e lo fa entrare, stanco di sentire i suoi lamenti. Lazzaro entra piano piano, trascinando i suoi piedi, pieni di piaghe.
Gli abiti avevano più buchi che stoffa. Ma lui non si preoccupava. Si lavava quando pioveva e si asciugava quando splendeva il sole. Il suo problema era la fame, sempre più forte. Lo fanno entrare vicino alla sala da pranzo e avvisano Giuseppe. “Ancora quel povero che mi scoccia tutti i giorni. Devo proprio dirlo alle autorità che mettano ordine in questa città. Non se ne può più. Noi paghiamo le imposte a Roma e ci troviamo con questa gente. Dategli qualcosa e che se ne vada!”.
Prendono una coscia di pollo e gliela gettano. Ma i cani sono più veloci di Lazzaro e se la disputano ferocemente. “Basta. Buttatelo fuori e che non si faccia più vedere. Che se ne vada alla sinagoga. Là sono sempre pieni di soldi. Io non posso sprecare il mio patrimonio per questa nullità”. E così Lazzaro, ancora una volta umiliato, esce da quella casa, ricca di pane e povera di cuore. Non andò alla sinagoga, ma morì quella notte e qualcuno, ricco di misericordia, gli diede tutto il pane di cui aveva bisogno.