Il modello più riuscito dei missionari: 28 Nov. di 40 anni fa
Tema del "Paginone" di questo numero: "Il modello più riuscito dei missionari"
È il 28 novembre 1964. Un giorno come tanti altri. Nel villaggio di Baraka, in riva al lago Tanganika, padre Giovanni Carrara è in chiesa a confessare; fratel Vittorio Faccin è sull'impalcatura per la costruzione del campanile. Non molto lontano, sulla collina di Fizi, padre Giovanni Didonè e il sacerdote congolese don Atanasio Joubert stanno svolgendo le loro opere giornaliere, nella pesante atmosfera di questi giorni di guerra. Da oltre due anni, tutta la missione dell'Ubembe (in Congo), dove si trovano gli avamposti di Baraka e Fizi, vive giorni di paura. La crudeltà ha raggiunto limiti spaventosi. La gente è come sotto la coltre stagnante del terrore.
Un colonnello e otto uomini armati uccidono i due saveriani di Baraka; poi proseguono per Fizi e uccidono il terzo saveriano e il prete congolese. Lo stesso giorno: il 28 novembre di quarant'anni fa.
Dopo varie settimane vengono individuate le fosse. Padre Costantino Mogliani pulisce i resti dei quattro martiri e li ripone in urne decenti. Riposano nelle chiese di Baraka e di Fizi, sul lato destro, vicini all'altare.
Il 18 marzo '96, nel messaggio ai saveriani e ai devoti del beato Conforti, Giovanni Paolo II ha affermato: “La croce di Cristo appare come il centro della vita e della missione del beato Conforti. «Il Crocifisso parla con un'eloquenza che non ha eguale: con l'eloquenza del sangue». Di tale eloquenza non pochi saveriani si sono fatti eco con il sacrificio della vita con il loro stesso sangue.
Ricordiamo oggi, nella luce colma di fede e di speranza della comunione dei santi, i saveriani che hanno versato il loro sangue in missione: padre Botton, padre Didonè, padre Carrara, fratel Faccin, padre Veronesi, padre Cobbe, e gli ultimi, padre Marchiol e padre Maule, uccisi in Burundi. Li pensiamo nella pace di Dio, ancor più uniti al loro beato Fondatore”.