Il linguaggio delle donne e la Chiesa
In questo numero, ospitiamo la testimonianza missionaria delle missionarie di Maria-Saveriane. Appare chiaro che la voce femminile qualifica la missione e che la corresponsabilità e la complementarietà delle visioni si impone sempre di più come la modalità che meglio esprime la Chiesa e il suo compito di evangelizzazione. Certo, questa voce femminile dovrebbe avere più audience, più risonanza, più apertura.
Papa Francesco sta facendo questo sforzo ogni volta che ne ha la possibilità, inserendo sempre più donne negli organi della Chiesa, mostrando la necessità di una riflessione che coinvolga l’ispirazione femminile. Già nel suo documento programmatico, l’Esortazione apostolica Evangeli Gaudium, riconosce “l’indispensabile apporto della donna nella società”, ma sottolinea anche il “bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa” per poter usufruire del “genio femminile (…) nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali” (103).
Ultimamente, il Papa ha anche aperto “il cantiere” dei ministeri, cominciando ad istituire quelli laicali come il lettorato, l’accolitato, il catecheta, declinandoli ora anche al femminile. È alla discussione e alla ricerca il ministero del coordinatore di comunità, che è già esercitato da donne in molte comunità, soprattutto in Africa, America Latina e Asia, e naturalmente il diaconato femminile.
Già da tempo era esplicita questa richiesta, formulata da riflessioni di teologhe, bibliste e donne impegnate pastoralmente di essere riconosciute come elemento costitutivo dell’evangelizzazione. E questo non per mancanza di presbiteri nell’animazione delle comunità cristiane o di semplici attrici a livello liturgico, ma proprio in virtù del battesimo che non è conferito soltanto ai maschi. La diversa ministerialità nella Chiesa trova, infatti, la sua motivazione nel battesimo che porta con sé lo slancio missionario nell’annuncio del Vangelo.
Serena Noceti, teologa di Firenze, si esprimeva in questi termini già nel 2018: “Se vogliamo essere una Chiesa che evangelizza, dobbiamo imparare ad ascoltare quel linguaggio del nostro tempo che è il linguaggio delle donne, il linguaggio della riflessione delle donne, perché non potremo annunciare il Vangelo adeguatamente senza la parola delle donne, ma ugualmente non potremo comprendere oggi il Vangelo adeguatamente se non ci poniamo nell’ascolto del linguaggio delle donne, se non sappiamo parlare alle donne, ma soprattutto se non sappiamo come chiesa parlare da donne e come donne”.
Nel tempo, si è assistito a una certa deriva clericale dei ministeri anche laicali, diventati più delle tappe verso il ministero presbiterale piuttosto che veri e propri servizi all’interno della comunità. Ora, anche grazie alla voce femminile, alla sua riflessione e al suo impegno e all’accelerazione che Papa Francesco sta dando a questo cammino ecclesiale, le donne stanno prendendo il posto che spetta loro, arricchendo la vita della Chiesa con il loro apporto e la loro esperienza, rendendo la missionarietà della Chiesa più inclusiva e propositiva.
Tale prospettiva, parafrasando l’enciclica Laudato si’, è letta come ecologia ecclesiale dalla biblista Rosanna Virgili, docente di esegesi dell’Antico testamento. Alla Settimana sociale di Taranto ha proposto di “trasformare la piramide in poliedro, fatto di varietà di carismi uniti da un unico spirito. Occorre che questa sorta di transizione ecologica avvenga nella Chiesa e che vengano sempre più introdotte fonti di energia alternativa.
Il Sinodo attuale diventa un’occasione per riflettere su questo aspetto importante della vita della Chiesa. La sfida è grande ma, se sapremo ascoltare le pulsioni dello Spirito, saremo in grado di accogliere le Sue istanze senza troppi strappi.