Il dialogo nella cultura giapponese
Il Giappone ha una plurisecolare esperienza di “incontro” interreligioso. L’antica tradizione religiosa originaria, detta Shinto, ossia la “Via degli dei”, dovette trovare una forma di convivenza con il Buddhismo giunto nell’arcipelago del Sol Levante nel 6° secolo. Iniziò così una storia non solo di convivenza, con i suoi problemi e le sue difficoltà, ma anche di mutua interazione che diede vita, ad un certo punto, ad una specie di mutua interpretazione così da accogliere e accomodare la visione religiosa dell’altro, nella propria. Si tratta del cosiddetto shinbutsu shugo (ossia, l’incontro dei buddha e degli dei).
Nell’epoca Meiji (1867-1912) il movimento di rinnovamento nazionale portò ad una rottura a livello di organizzazione religiosa, promuovendo uno “Shintoismo di Stato”, componente della fase di nazionalismo ed egemonia politica del Giappone, sfociata e tragicamente conclusa nella “Guerra del Pacifico” (come in Giappone è chiamata la seconda guerra mondiale). Ma nella vita comune del popolo giapponese, la simbiosi tra Shintoismo e Buddhismo continua. Più della metà della popolazione si considera al tempo stesso shintoista e buddhista (pur senza alcun impegno concreto di appartenenza né in un senso né in un altro). Molte famiglie hanno in casa sia il kamidana (altarino shinto) sia il butsudan (altarino buddhista dedicato al ricordo dei defunti).