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I miei 25 anni in Bangladesh

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Nato nel 1950, all'età di 27 anni, padre Gianvito iniziava la sua avventura con i missionari saveriani, come egli stesso ci racconta.

Sono stato ordinato sacerdote a Parma nel 1983 a settembre. Un anno dopo sono andato a Londra per studiare l'inglese. In seguito i superiori mi hanno chiesto di partire per il Bangladesh dove, grazie alla visita di Giovanni Paolo II nel marzo del 1987, ho avuto il visto per entrare. Ero felice: finalmente si realizzava il sogno che avevo coltivato fin da bambino: andare in missione! Il prossimo marzo celebrerò 25 anni di missione.

Con i poveri contadini

Appena arrivato in Bangladesh, mi sono buttato nello studio della lingua e della cultura bengalese. Ma nel gennaio 1988, ero nuovamente in Italia a causa di un'emorragia all'occhio destro. Ho vissuto la prima sconfitta: la vergogna di abbandonare la missione dopo neanche un anno, per motivi di salute.

Fortunatamente, dopo un mese di cure, tornavo in Bangladesh, destinato nella missione di Baradal, insieme a p. Antonio Germano e in mezzo a gente veramente povera. Qui sono stato viceparroco e preside della scuola della missione con circa 500 alunni, dalla prima classe fino all'ottava. Erano ragazzi e ragazze di diversa estrazione culturale e religiosa: musulmani, hindu e cristiani.

Nel dicembre dello stesso anno la nostra zona è stata colpita da un forte ciclone che ha provocato la morte di 20mila persone. Anche nella nostra missione ci sono state vittime e rovine ingenti. E la gente è diventata ancora più povera. In questo contesto, il mio cammino di fede si è approfondito sempre più.

Tra i non cristiani fuori-casta

Nel 1991, sono stato inviato nella missione di Chuknagar, dove gli unici cristiani eravamo noi quattro saveriani inviati per un progetto di dopo-scuola tra i fuori-casta hindu e i musulmani poveri. Al mattino bambini, ragazzi e giovani andavano in classe; nel pomeriggio venivano alla missione per il dopo-scuola.

Seguivamo anche una dozzina di villaggi, dove veniva portato avanti un programma di alfabetizzazione, coinvolgendo i giovani più grandi che, oltre a frequentare la scuola e a studiare, dovevano a loro volta insegnare ai loro fratelli e sorelle più piccoli. Così i bambini, i ragazzi e i giovani erano tutti impegnati nell'apprendimento e nell'insegnamento, non solo accademico ma nell'educazione più ampia ai valori umani.

Cercavamo anche di promuovere il dialogo con i musulmani e gli hindu attraverso il dopo-scuola e la sanità, grazie a un piccolo ambulatorio, mentre mandavamo i malati più gravi nel nostro ospedale di Jessore, portato avanti dai medici saveriani Remo Bucari e Gildo Coperchio.

L'insegnamento biblico

Nell'agosto del 1992 i miei problemi alla vista si sono aggravati; ho avuto un'emorragia all'occhio sinistro, l'unico buono, e così sono rientrato una seconda volta in Italia per cure mediche. Mentre ero sotto osservazione, ho frequentato per un anno come uditore all'istituto Biblico di Roma, seguendo i corsi in Sacra Scrittura ed esegesi dell'Antico e Nuovo Testamento.

Tornato in Bangladesh nel novembre del 1993, sono stato impegnato principalmente nel ministero pastorale e nella catechesi biblica nelle varie comunità religiose di formazione. Risiedevo a Dhaka, la capitale, nella casa dei saveriani. In questo contesto, potevo offrire la catechesi biblica anche al noviziato delle suore di Maria Bambina e altrove, senza trascurare la disponibilità e l'aiuto alla vicina parrocchia di Tejgaon.



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