I figli dei pastori alla grotta
“Noè, Rut, Noemi, Tobia, sveglia, sveglia! Prendete gli agnellini, un po’ di latte, dei fichi e quella forma di formaggio”. Era il vecchio pastore Abramo che li chiamava. “Abbiamo visto la stella, sono venuti gli angeli. Dobbiamo andare a trovare un bambino. Loro lo chiamano il Messia. Siete pronti?”. Stropicciandosi gli occhi, mangiano un fico di nascosto, bevono un sorso di latte (il viaggio non era lungo, ma è sempre meglio avere qualcosa nello stomaco!) e si mettono in cammino con gli altri pastori.
Alzando gli occhi al cielo, li videro anche loro, anche quelli più piccoli, e li sentivano cantare. Erano proprio degli angeli. Non li avevano mai visti, ma Abramo glieli indicava uno per uno. Scendendo dalla collina, videro una luce splendente, una stella si era fermata sopra una grotta. Correndo, volevano arrivare per primi. “Aspettateci”, dissero i più anziani. Ma non li ascoltarono. Avevano fretta di arrivare per primi. Almeno per una volta, visto che si trattava di un bambino, volevano salutarlo come solo loro sanno fare. “Dai aspettiamoli - disse Noemi - loro vanno più piano, ma è meglio che entriamo tutti insieme. È più bello”. E così, uno dietro l’altro, si avvicinarono al bambino e ai genitori.
Tobia stava per dire che quello era un bambino come loro, ma Noè e Rut gli dissero di tacere e di guardare con il cuore. Diedero i loro doni a Maria e a Giuseppe. La mamma li fece avvicinare e le loro mani si intrecciarono con quelle di Gesù, bambino come loro. Il suo leggero sorriso, quasi divertito, li fece ridere. Si sedettero vicino a lui e cominciarono a intonare la canzone delle stelle, che ogni sera facevano prima di addormentarsi.
I loro occhi stavano per chiudersi, quando Abramo li scosse, dicendo loro: “Andiamocene piano piano, Gesù deve riposare. Se volete lo troverete ogni sera, vicino a voi a cantare la vostra canzone. Me lo ha promesso Maria, la sua mamma… Andiamo!”.