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È impossibile pubblicare tutte le testimonianze arrivate per ricordare p. Eugenio Melandri. Ne riportiamo alcune.

Il 6 agosto gli ho fatto visita con altri due confratelli in un ospedale di Forlì. "Le settimane sante più belle le ho passate con voi tre a Mazara del Vallo", ci ha detto subito. Negli anni ‘90 l'onorevole parlamentare europeo Eugenio Melandri lasciava il suo appartamento a Strasburgo e con il treno espresso della notte arrivava in Sicilia. Noi non avevamo nemmeno una delle 5 camere che lo stato italiano gli metteva a disposizione per i suoi ospiti a Strasburgo, ma solo uno sgabuzzino dove tenevamo scope e bauli. Lo liberavamo soltanto quando arrivava un giovane francescano francese per dare una mano all'accoglienza e all'attività di integrazione che svolgevamo per i nordafricani e, appunto, quando arrivava l'onorevole parlamentare di Democrazia Proletaria Eugenio Melandri.

Un giorno ci invitò: "Ho 5 camere per 5 ospiti, se venite a Strasburgo mi sgravate un po' la coscienza". Prima di lasciare l’ospedale di Forlì gli dissi: "Eugenio, ritorna! Ti aspettiamo". "Non sono mai uscito! Salutami chi viene a fare Zazen e ad ascoltare il vangelo". p. Luciano Mazzocchi, sx

Voglio ricordarlo quella sera, fredda e nebbiosa, del gennaio del 1986, quando p. Eugenio arrivò per l’incontro di redazione di “Missione Oggi”, la rivista di cui era direttore. Ci disse: “Ho incontrato p. Alex Zanotelli, direttore di Nigrizia, faremo un editoriale comune. Il titolo sarà: Spadolini, piazzista d’armi”. Nacque così quella che presto divenne la campagna nazionale “Contro i mercanti di morte” che portò alcuni anni dopo l’Italia a dotarsi finalmente di una legge sulle esportazioni di armamenti: la legge n. 185 del 1990.

Ne parlo perché nei giorni scorsi, il governo ha approvato nella legge finanziaria una norma che abilita, dopo trent’anni, il Ministero della Difesa a svolgere direttamente “attività contrattuale” nell’esportazione di armamenti. Quelle appunto che, grazie alla legge nata dall’impegno di Eugenio e tanti altri, ha introdotto nel 1990 nuove norme per controllare, non per agevolare, l’esportazione di armi. Caro Eugenio, ci hai lasciato un’eredità impegnativa! Giorgio Beretta

Eugenio Melandri, era un amico, da tantissimo tempo. E resta un amico. Quello di Eugenio è stato un viaggio nella vita molto intenso. E la vita l’ha voluta vivere tutta, fino all’ultimo, dicendo sempre Grazie alla vita, come titolava ogni suo post su Facebook. Con “Missione Oggi” ha seminato umanità, passione, documentazione. Ha promosso campagne, ha fatto entrare nelle case e nel cuore di tante persone scritti con parole vere. Ricordo con don Tonino Bello, e altri 500 ritenuti “folli”, la marcia a Sarajevo nel dicembre 1992.

Ha sempre avuto una faccia sola. Il suo amore per il vangelo, tradotto nell’amore per i poveri, era sempre lo stesso. E quando un anno fa ha incontrato papa Francesco e gli ha parlato delle sue scelte, dell’impegno nella politica, lui lo ha abbracciato e gli ha detto: “Hai fatto bene”. Era l’uomo più felice del mondo. Eugenio sapeva raccontare ogni cosa con passione, anche la sua malattia. Ci ha insegnato anche a piangere, a non avere vergogna della propria debolezza. Un uomo sempre in ricerca, un disobbediente, un innamorato della vita, dei poveri. “Compagno è una bellissima parola - ci dicevi nella sua ‘prima’ Messa – è impegnativa! Vuole dire che io non posso vivere se non faccio vivere gli altri insieme a me”. Grazie!

don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi



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