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Frati e suore lavorano? Risposi: ''ma mi faccia il piacere!''

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Risponderebbe Totò alla domanda che mi è stata rivolta: "Ma mi faccia il piacere!". Mi è stato chiesto se è vero che i religiosi (frati e suore) non fanno niente tutto il giorno. In parole povere, se sono persone inutili e dannose per la società. Ci siamo guardati in faccia; poi mi è scappato da ridere. Lui sembrava scocciato. Allora gli ho detto di mettersi seduto e gli ho chiesto se le conosceva davvero queste persone, o anche lui ragionava per sentito dire.

Chi sono questi frati e suore?

È rimasto un attimo in silenzio. Forse non sapeva cosa dire, ma mi faceva capire che voleva qualche spiegazione in più. E così abbiamo cominciato un viaggio per capire o meglio, per conoscere un po' di più chi sono questi... frati e suore. Naturalmente, sono partito dall'aspetto religioso, cioè di persone che hanno risposto con gioia a una vocazione, a un invito che Gesù stesso aveva fatto loro di seguirlo fino in fondo in povertà, castità e obbedienza.

Poi mi sono permesso di ricordargli che ogni congregazione o famiglia religiosa era nata dal cuore, dall'entusiasmo e dalla compassione di un fondatore o di una fondatrice, che aveva intuito che è più bello dare che ricevere. Ma non bastava ancora. Quell'ideale non era rimasto da solo. Era stato condiviso nei secoli con tante persone che, in modi diversi, avevano deciso di giocare tutta la loro vita per esprimere con i fatti l'amore che avevano ricevuto da Dio...

Pregano e lavorano insieme

L'uomo mi guardava, ma non pareva ancora convinto. Voleva dei fatti, delle cose concrete. E così abbiamo cominciato a viaggiare per la città e dintorni, passando di comunità in comunità. La prima sosta è stata nel convento di clausura. Lui vedeva le grate e, dietro, le suore che gli sorridevano e gli parlavano a bassa voce.

Non capiva, ma le sorelle con dolcezza gli spiegavano che la preghiera era il loro primo lavoro, insieme alla meditazione sulla Parola di Dio. Importante era anche la vita comunitaria. Ma non restavano con le mani in mano. Gli facevano vedere quello che facevano per guadagnarsi il pane quotidiano: il miele, i ricami, i lavoretti artigianali, le ostie per la Messa... Ma l'amico non sembrava ancora convinto.

Fanno tante cose strane

Allora siamo passati nelle case di riposo per anziani, negli orfanotrofi, nelle scuole, negli ospedali, nelle case di accoglienza. Chi si interessa dei fratelli che vengono dai paesi del mondo (gli immigrati); chi lotta contro la prostituzione e lo sfruttamento dei minori... Bello l'incontro con le suore che lavorano con i sordomuti.

C'è gente che, insieme alla Caritas, dà da mangiare a tante famiglie che hanno perso il lavoro. I centri di ascolto sono pieni di persone in cerca di qualcuno che dia loro attenzione. Poi, chi lavora con i giovani per entusiasmarli a costruire un mondo nuovo, nello sport, nell'accoglienza, nel servizio, nell'apertura alla mondialità.

Ma non bastava ancora per lui. Aveva visto molto, ma si chiedeva: "Come vivono e perché lo fanno?". "Ognuno - mi sono permesso di ricordargli - fa la sua parte in comunità; non si fa servire, ma cerca di servire chiunque".

Pagano con la vita

Qualcosa sembrava cambiare nel suo sguardo. Forse cominciava a capire. Il viaggio era ancora lungo, ma mi disse che poteva bastare. Mise la sua mano in tasca e mi diede del denaro, dicendomi di portarlo a un centro di ascolto. E aggiunse che, appena poteva, anche lui sarebbe andato a fare un po' di volontariato, perché, disse: "Certe cose non si pagano con i soldi, ma con la vita".

Mentre se ne andava, un'immaginetta era scivolata fuori dal suo giubbotto. La presi in mano: era l'immagine di san Giuseppe, con la scritta "Patrono dei lavoratori". In cuor mio aggiunsi: "e di frati e suore che lavorano".

Anche san Giuseppe avrà sorriso: lui sapeva cosa vuol dire lavorare, e farlo con gioia, per qualcuno che si ama.



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