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Fratel Giacomo Rigoni, Infermiere saveriano di tre mondi

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Il 24 marzo, lunedì di Pasqua, fratel Giacomo Rigoni, quasi in punta di piedi, ha raggiunto la casa del Padre. Primo di dodici fratelli, era nato ad Asiago (VI) nel 1909.

Fratel Giacomo era entrato nell'istituto del beato Conforti a vent'anni e aveva pronunciato i voti religiosi nella mani del fondatore l'8 ottobre 1930, uno tra gli ultimi ad avere questo privilegio (il Conforti morì l'anno dopo, il 5 novembre 1931).

La Cina, l'Africa e... l'orto

Divenne infermiere provetto ed esercitò la sua professione con i confratelli malati della casa madre, finché non giunse il sospirato giorno della partenza. Partì per la Cina nel dicembre 1946. Fece appena in tempo a imparare un po' di lingua e a iniziare qualche attività, che il martello comunista si abbatté sulla sua testa e costrinse lui e gli altri saveriani ad andarsene nel 1950, prima che la falce affilata non li minacciasse di peggiori ferite. Raccontando queste cose, dopo 50 anni, fratel Giacomo ne risentiva ancora tutto il terrore e l'angoscia.

Tornò in Italia per ripartire poco dopo, nel 1955, per la Sierra Leone a esercitarvi quella professione che non gli era stato possibile praticare in Cina. Rientrato per problemi di salute, continuò ad assistere i confratelli infermi in casa madre, finché si sentì meno efficiente e rinunciò a quel compito. Però, non si abbandonò all'inerzia. Scoprì un angolo di terreno incolto e ne fece un piccolo orto, nel quale coltivava pomodori e insalate per i confratelli e fiori per la chiesa.

Fino all'ultimo giorno

Fratel Giacomo destava ammirazione per la sua laboriosità, ma soprattutto per la sua fede e la sua devozione. Partecipava sempre alla Messa con un grande senso liturgico. Intonava i canti e seguiva le preghiere. Non mancava mai all'adorazione eucaristica e alle altre preghiere della comunità. Fino all'ultimo giorno è venuto in cappella con la sua carrozzella.

In una lettera, scritta al superiore generale il 6 ottobre 1980, confidava: "Di burrasche ne ho passate parecchie, ma non riguardavano la vocazione. Lo strappo subito alla mia partenza da casa fu tanto duro che tutto il resto è passato in seconda linea. Non furono contrasti con i miei, ma la mia sensibilità e la coscienza di imporre un sacrificio così grave ai miei genitori. Una cosa però è certa: non ho mai avuto tentennamenti in fatto di vocazione".



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