È il momento di volar via, Dal golfo di Salerno alla città dei due mari
Per dire quattro parole, dopo cinque anni di vita a Salerno, bisogna avere la quinta di riserva. Volevo cercarla nel dizionario, ma non sapevo dove cominciare. Così l'ho chiuso e ho cominciato a sfogliare i ricordi. Ne venivano in continuazione e ci voleva qualcuno che me li mettesse in ordine...
L'aiuto di un gabbiano...
Quando vedo un piccolo gabbiano che volteggia davanti alla mia finestra. Non capisco perché era voluto venire fin quassù. Era più bello volare su e giù per il castello Arechi fino al porto, e poi riposarsi sulle mura. Ma era venuto qui da me. Anzi, vedo che sotto al collo ha una specie di contenitore. Si avvicina alla finestra e mi fa capire che devo prendere quello che lui mi sta portando.
Apro e lui atterra sul davanzale. Tolgo delicatamente quel piccolo tubo e lo lascio andare. Se ne va, facendo un lungo giro e mi lancia un richiamo, quasi a dirmi di cominciare a leggere, perché ci sono cose importanti. Lo apro con impazienza e qualcosa di speciale esce da quella pergamena.
Cinque anni a Salerno
Canti, grida, volti che si accavallano gioiosamente. Faccio fatica a riconoscerli tutti, ma mi ricordano le tante attività vissute qui a Salerno: gli scout, gli incontri di animazione, le riunioni con i religiosi, le interviste a "Radio Stella", gli articoli missionari per il settimanale diocesano... Quanti incontri, quanti luoghi visitati, quante avventure, quante parole... È difficile ricordare tutto.
Mi siedo e comincio a scrivere, ricordando che nel settembre 2008 sono arrivato a Salerno e ho cominciato l'avventura, con la voglia di essere sempre pronto, di cercare di rendere il mondo migliore di come l'ho trovato. Come il piccolo gabbiano anch'io ho cercato di volare, di andare incontro a tanti nuovi amici che mi hanno accolto e ci siamo aiutati a crescere insieme.
"Quannocchiù uno campa..."
Ora è il momento di fare un lungo volo. Avrei voluto farlo ancora più lungo, ma le mie ali sono ancora un po' intorpidite. Devono riabituarsi pian piano, ma ce la farò, ne sono sicuro. Prima di dare l'arrivederci, vorrei dire in tutta semplicità che mi sono sentito bene con voi, fratelli e sorelle di Salerno. Spero di aver fatto del mio meglio. Almeno ci ho provato.
Dice un proverbio campano: "Quannocchiù uno campa, chiù se ‘mpara - più si vive e più s'impara". Bisogna essere pronti a volare anche da altre parti. A giugno lascerò il golfo e mare di Salerno per andare nella città dei due mari, a Taranto.
Voglio ringraziare tutti coloro con cui ho condiviso questi cinque anni a Salerno. Non voglio dimenticare nessuno. Ho imparato molto da ciascuno di voi e credo che a Taranto potrò continuare.
Vi chiedo un ricordo nella preghiera.