“Dolce e confortante gioia”
Dopo la sorpresa dell’elezione di papa Francesco e le sue prime uscite, se ne attendeva il programma pastorale. È vero che esso si andava delineando progressivamente attraverso il suo modo di fare e di presentarsi, la semplicità del vestito, la scelta di rimanere a “Santa Marta” e di usare un’utilitaria per spostarsi, la cordialità e la spontaneità con cui saluta coloro che incontra, e soprattutto la sua attenzione per i piccoli e i poveri. Un vangelo vivente.
Un programma, uno stile
Ma ci vuole anche un programma, soprattutto per un papa che dirige una folla di oltre un miliardo di fedeli sparsi nel mondo. Finalmente il programma è stato pubblicato il 26 novembre 2013, sotto forma di “esortazione”, con un titolo che dice già tutto: Evangelii gaudium, la gioia del vangelo.
In questi mesi essa è già stata analizzata da giornalisti e teologi di ogni tendenza e nazionalità, da religiosi e laici, da cattolici e altri cristiani. A parte alcune - poche - voci critiche, tutti sono rimasti positivamente sorpresi.
La prima impressione è che il documento è lungo, molto più del consueto, che parla di molti argomenti pur collegati dall’ideale dell’evangelizzazione. Ma ciò che fa la differenza è lo stile diretto, semplice e spontaneo come una conversazione. Vi si sente il tono semplice, eppure profondo, di papa Francesco che dice, “Fratelli e sorelle, buonasera”, come quel 13 marzo 2013 dalla loggia di San Pietro.
L’impegno per i prossimi anni
Il tema è chiaro dal titolo stesso: parla della gioia che accompagna la missione di annunciare il vangelo: l’evangelizzazione, appunto. Non è scontato, perché in questi ultimi tempi tante ragioni avevano portato molti a smarrire la gioia di essere cristiani, anche a causa di problemi interni alla chiesa, fino a dimenticarsi quasi della missione, che è la ragione dell’esistenza della chiesa.
Perciò papa Ratzinger aveva convocato i vescovi nel sinodo dell’autunno del 2012 e aveva indetto un «anno della fede» per rinnovare lo slancio missionario e aveva additato la missione alle genti come il modello per la chiesa.
Ora papa Francesco, riprendendo il testamento di Giovanni Paolo II alla fine del giubileo, ha chiamato la chiesa a “prendere il largo e gettare di nuovo le reti” della missione evangelizzatrice.
“In questa esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della chiesa” (n. 1). Uscire dalla chiesa per annunciare il vangelo della gioia sarà l’impegno in questi prossimi anni. Il papa vuole restituire alla chiesa la gioia e la freschezza della sua missione: la gioia che viene dal vangelo e che caratterizza i missionari, deve diffondersi nella chiesa.
La chiesa deve annunciare a tutti il vangelo, la lieta notizia: “Dio ti ama, ti accoglie e ti perdona…”.
Il rischio della tristezza
La chiesa che non riesce a uscire da sé e rimane a crogiolarsi sui propri problemi, “s’isola, s’isterilisce e si ammala”, ha detto Francesco nel Messaggio per l’ultima giornata missionaria. Per questo continua: “Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata.
Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio” (n. 2).
Perciò il Papa dice: “Usciamo a offrire a tutti la vita di Gesù Cristo!” (n. 49). Ritroveremo la gioia della missione.
Proviamoci anche noi
Abbiamo letto solo pochi paragrafi dell’esortazione del papa; altri ne vedremo nei prossimi editoriali. Ma proviamo già a rispondere all’invito del papa: avviciniamoci a chi è triste e soffre, condividiamo con loro la fede, la gioia di essere amati da Gesù e la speranza che ci sostiene.
Faremo esperienza della gioia di evangelizzare; proveremo la soddisfazione della missione.