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Disuguaglianze e fraternità

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In questi mesi, si parla sempre più delle disuguaglianze evidenziate dalla pandemia. Da più di un anno, ormai, siamo preda di quel virus che porta la corona e che ha amplificato le disparità. In tempi normali, sarebbero state mimetizzate dalle complessità dei meccanismi economici, oppure nascoste nei meandri delle istituzioni delle nostre società. Ora, però, si mostrano alla luce del giorno senza vergogna, persino con il carattere dell’ingiustizia la più spudorata.

È il caso dello “schiaffo ai paesi poveri” sulla questione dei brevetti sui vaccini, come scrive Karima Moual sulla Stampa del 17 marzo 2021. Le nazioni che fanno parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wtc) hanno proclamato un verdetto che sancisce la divisione mondiale tra stati ricchi e stati poveri. Paesi come Usa, Gran Bretagna, Unione Europea con i suoi 27 membri compresa l’Italia, hanno bloccato l’iniziativa di India, Sudafrica e altri novanta paesi “poveri”. Avevano chiesto di rinunciare, almeno momentaneamente, alle regole sull’accordo commerciale delle proprietà intellettuali, quelle sui famosi brevetti, in modo da produrre loro stessi il vaccino contro il Covid-19. Nei giorni precedenti la firma dell’accordo, 67 organizzazioni avevano scritto una lettera aperta al premier Draghi, ai presidenti delle due camere chiedendo di sostenere la sospensione dei brevetti chiesti da India e Sudafrica.

Questi brevetti, infatti, impediscono la produzione dei vaccini in loco e quindi un’immunizzazione più veloce e un accesso sicuro per i più bisognosi. Certo, l’Europa non avrebbe potuto fare molto nei confronti dei Bigs dei farmaci, visto anche la debolezza mostrata nel mancato rispetto dei contratti. Ma, almeno, avrebbe potuto dare forza a quella richiesta di giustizia e mostrare la sua solidarietà. È un’occasione mancata per stare dalla parte dei poveri e, magari, prevenire il sorgere di varianti che renderebbero inefficace l’attuale vaccinazione.
Papa Francesco stesso si è più volte espresso in favore dell’accesso ai vaccini per tutti e ha invitato i responsabili degli stati più ricchi a “globalizzare la cura” alla pandemia.

Molte organizzazioni si sono espresse nello stesso senso (Amnesty International, Croce Rossa internazionale, Oxfan, Focsiv, Caritas Internationalis, l’Oms, Emergency, MSF), chiedendo un approccio globale e giusto nella direzione di una più maggiore solidarietà. L’accaparramento dei vaccini sta mostrando, invece, una logica nazionalistica egoista che rifiuta la solidarietà come valore di riferimento. C’è poi il costo che differisce da nazione a nazione: più sei povero e più lo paghi o più sei povero e più aspetti. “Solidarietà è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire; ma è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi” (FT 116).

Avere la solidarietà nel cuore, nella mente e nella volontà significa dare corpo a uno stile di vita che mostra la consapevolezza di far parte di una stessa famiglia umana. Anche su questo punto papa Francesco insiste molto: “Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana” (LS 52). Coltivare la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti costituisce allora una grande sfida culturale, spirituale e educativa (cfr. LS 202).
Ecco dunque un compito per i nostri lettori: chi ha uno spirito missionario sente la necessità di respirare con la famiglia umana nel desiderio che diminuiscano le disuguaglianze e aumenti la fraternità.



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