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RD Congo - Rachele era lì, con la sua bambina di tre mesi fra le braccia, avvolta in pochi stracci, triste e addolorata. “Da due giorni non ho più latte per la bambina; qualcuno mi ha stregata!”. Ho aperto il fagotto, era vero: la bambina sembrava in fin di vita. Poi mi dice che anche lei non mangiava da due giorni.

Mentre l’accompagno al dispensario, la mia rabbia esplode: “Non si può lasciar morire di fame una piccola creatura di Dio!”. Suor Rita all’ambulatorio si accorge subito della gravità e le manda all’ospedale cattolico di Nyantende, sussurrandomi: “Speriamo di salvare almeno la mamma!”. Avevo le lacrime agli occhi, non potevo crederci!

La compassione e l’aiuto

Nella parrocchia di Cahi, alla periferia di Bukavu (RD Congo), la Caritas quel giorno aveva chiamato le ragazze madri per aiutarle. Anche Rachele era venuta all’incontro sperando in un aiuto. Veniva dai villaggi, dove ci sono ancora violenze di tutti i tipi. Stuprata da un guerrigliero e scappata di casa, era arrivata a Bukavu con la sua bambina in cerca di una soluzione.

Una vedova anziana aveva avuto compassione di lei e le aveva offerto un posto nella sua baracca; il cibo l’avrebbero trovato chiedendolo ai vicini o alla piccola comunità cristiana del quartiere. Dopo una settimana, la vedova era partita per un lutto e Rachele si era trovata sola, con un bebè da nutrire e un lavoro da cercare.

L’aiuto della giovane Noela

È una storia che sintetizza le conseguenze degli ultimi 15 anni di guerra in Congo e che colpisce come sempre la parte più debole della popolazione.

“Ha bisogno dell’accompagnatrice”, mi grida suor Rita. Non ci avevo pensato: ha bisogno di qualcuno che l’assista e che le prepari da mangiare. Infatti, l’ospedale fa le cure, ma il cibo, le medicine, l’acqua per lavare i panni e tutte le emergenze sono a carico dei famigliari, che Rachele non ha. Si presenta allora Noela, ragazza madre anche lei, che sale sul taxi, direzione ospedale.

Mateso, la bambina, non ce la fa. Dopo due giorni muore. Noela allora torna in parrocchia a informarci che Rachele è sotto trasfusione e che deve comprare una piccola bara per il rito della sepoltura all’ospedale. Mi chiede se la Caritas può aiutarla.

Giorno e notte accanto a lei

Anche Noela è stata vittima di violenze e pregiudizi. Ma è forte, la sua fede è autentica e sa chiedere aiuto. Quando parla, mi fissa negli occhi, non ha paura e dice la verità. “Rachele sta veramente male; il dottore le ha prescritto di mangiare uova, miele e pomodori. Ci vorrà del tempo, ma ce la farà!”. Noela le farà compagnia giorno e notte, le sarà sorella, le darà tenerezza e coraggio, condividendo la sua vita e la sua fede!

Intanto, Noela racconta di Rachele a tutti quelli che incontra nella sua comunità cristiana e chiede aiuto: durante il giorno deve cercare soldi per il cibo; il pomeriggio torna in ospedale per preparare da mangiare a Rachele, e di notte assisterla.

La divina Provvidenza

Tocchiamo con mano anche tanta solidarietà.

Nella parrocchia di Cahi sono le mamme che raccolgono riso e fagioli, zucchero e sapone, e in processione li portano ai carcerati della prigione centrale. Quelle del rinnovamento nello Spirito fanno la stessa cosa per i malati degli ospedali di Bukavu.

I giovani durante la quaresima e l’avvento puliscono i sentieri del quartiere e i canali dell’acqua; i ragazzi invece aiutano gli anziani con l’acqua e la legna. I catecumeni prima di Pasqua hanno trasportato migliaia di mattoni, sabbia e travi per la costruzione di una scuola elementare. È la nostra esperienza quotidiana della Provvidenza di Dio.

Dopo un mese Rachele guarisce e torna nel suo quartiere. L’ho vista un giorno e, stringendo forte la mano a Noela, mi ha detto: “Il Signore mi ha mandato un angelo; non mi scorderò mai di Noela”.



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