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A 73 anni, p. Lanaro giù dalle montagne, senza cinghie...

Cari amici, nella vita arriva sempre una prima volta. È la vigilia di Natale e mi trovo in casa, dentro una comoda poltrona, a scrivere... Colpa della "cintura di sicurezza", quella che ogni autista fissa prima di avviare il motore.

Ma qui in Congo certe cose non contano e anch’io mi adeguo e non la metto. Così dura di più!

Ma andiamo con ordine. È successo il 23 dicembre. Stavo ormai tornando alla base e concludere il programma degli incontri con le comunità sparse tra le montagne del Bufulero, in preparazione al Natale. Stavo pensando alle ultime cose da fare, mentre mi avvicinavo a casa. Sentivo in cuore l’esultanza per una settimana magnifica, che stava per completarsi nella gioia natalizia.

Fu allora, alle 13 e 18 circa, che la ruota anteriore sinistra scivolò e sprofondò nel fango. La jeep s’inclinò e cadde… e continuò a cadere, capovolgendosi su se stessa, quattro volte. Il volante mi era sfuggito di mano. Attendevo la conclusione definitiva. Alla fine, mi ritrovai in un groviglio di corpi, i cinque compagni di viaggio che stavo riportando a casa. Avvertivo una fitta acuta sul petto, il peso degli altri su di me e il respiro che cessava… Ma poi constatavo che mani e braccia si muovevano. Mi accorgevo di essere capovolto, la landrover con le ruote in aria…

Finalmente vidi un po’ di luce, sentii fuori voci accorate, incoraggiamenti… Lentamente mi trascinarono fuori dal finestrino posteriore. Eccomi vivo. Fu un problema risalire sulla strada: una quarantina di metri di salto. Fu una faticaccia arrivare, con la gente che mi sorreggeva e mi spingeva e mi tirava. Dalla strada arrivava il pianto delle mamme che gridavano.

La cintura mi avrebbe mantenuto al mio posto di autista, e condannato a finire schiacciato sotto la capotta che si è raggrinzita. E invece, la sorpresa fu completa e gradita: niente cadaveri o sciancati. Non so quale angelo custode sia intervenuto; certamente era un tipo nerboruto e deciso!

All’ospedale di Lemera hanno fatto le prime medicazioni: il cranio mezzo pelato, occupato da cerotti; un’incisione e quattro punti al polpaccio. Come superficie sterile hanno usato il foglietto delle istruzioni di una scatola di medicine, dalla parte non scritta. Il dottore mi ha detto "niente da fare": lascia che le due costole si cicatrizzino e il grumo di sangue si riassorba; fa' esercizi di respirazione, anche se fanno male…

Avrei potuto essere con tante persone care... a contemplare Dio. Ho perso l’occasione. Visto che sono ancora qui, approfitto per un po’ di riposo e un po’ di preghiera in più. W la vita! Queste esperienze me la fanno gustare di più. E la landrover? C’è chi vuole cannibalizzarla per utilizzare i pezzi.

p. Piergiorgio Lanaro, sx.


Il superiore generale e la sindrome del... pompiere

Parlando del missionario, la gente immagina scene di eroismo, una vita difficile, la lotta contro i mali del mondo, il rischio della vita, fino alla morte violenta. Tutto questo va sotto il nome di "zelo missionario". Come superiore generale, ritengo mio dovere sostenere i confratelli nella risposta generosa alle esigenze della vita missionaria. Mi risuona nelle orecchie il mottoche il Conforti ci ha lasciato: "Caritas Christi urget nos - la carità di Cristo ci sprona".

Ma quello che mi spinge a scrivere non è un invito allo zelo, quanto piuttosto una mia crisi per dover spesso spegnere lo zelo dei confratelli. È questo uno degli aspetti più difficili per me, quando devo intervenire a correggere, calmare, raddrizzare e, magari, spegnere. Troppe volte, mentre vorrei accendere il fuoco della missione, devo invece fare la funzione del pompiere. E questo mi secca...

Siamo in un periodo in cui la vera profezia è rara. Il profetismo di oggi non potrebbe consistere nel tentativo di essere profeti insieme?

Il Signore ci renda zelanti e, allo stesso tempo, illumini il nostro zelo.

p. Rino Benzoni, sx.



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