Da una lettera di suor Gina
Cari giovani, sono una suora Dorotea di Venezia, originaria di santa Cristina e mi trovo in Africa dal 1975. La mia vocazione è nata semplicemente nella fede che, non a caso, mi è stata conculcata in famiglia, in parrocchia, Azione Cattolica, catechismo, Messa, frequentazione delle suore Dorotee de ll"' Asilo". Le amicizie con le giovani e i giovani della mia età costituivano la rete di relazione. Gli svaghi, il gioco dalle suore, incontri, feste parrocchiali, qualche gita in bicicletta, il cinema parrocchiale.
Per la prima volta ho visto, allora, il film di p. Damiano che mi ha affascinata moltissimo: è forse stato questo momento che ha marcato in me la necessità di fare un salto di qualità per realizzare la mia vita di battezzata. Mi sembrava impossibile arrivare, mi sentivo troppo piccola e soprattutto non ero uno stinco di santa! Qualche anno più tardi decisi di fermarmi un po' per riflettere e prendere sul serio questa "voce" che si faceva sempre più insistente e affascinante: portare il Vangelo nel mondo lontano.
E decisi, a sorpresa di tutti, di consacrarmi a Dio nella vita religiosa missionaria. Nel settembre del 1963 sono entrata a Venezia dalle suore Dorotee. Nel 1973 ho messo per la prima volta il mio piede in terra d'Africa, in Burundi. Ho capito in quel momento che, se Dio mette in cuore un desiderio sincero di bene, a suo tempo e a suo modo ce lo fa realizzare.
In Burundi sono rimasta fino al 1987, anno in cui, l'odio del regime verso la Chiesa cattolica era arrivato agli estremi confini e tutti i missionari, tolta qualche eccezione, sono stati espulsi. Vi assicuro che non si resta indifferenti davanti a una espulsione da un luogo in cui dopo tanti sforzi ti sei ambientata, studiando la lingua e i costumi, e dove hai dato il meglio di te a questo popolo.
Dopo un anno i miei superiori mi hanno proposto lo Zaire, nella regione di Bukavu. Vi andai in qualità di infermiera. Ho un vasto campo di lavoro: curando i malati aiuto gli infermieri locali a operare con amore, pensando che ogni malato è Cristo stesso. Gli zairesi sono tipi dinamici, chiassosi, accoglienti.
La donna è laboriosissima, capace di grande sacrificio per portare avanti la famiglia: coltiva i campi (per l'uomo è un disonore), cura la casa, educa i bambini (molti), va al mercato con enormi sacchi o gerle cariche di manioca o pomodori, fa decine di chilometri, sempre col sorriso sulle labbra. È il sorriso di chi lotta e spera, vuole vivere e migliorare la sua situazione sociale calpestata da ingiustizie le più vergognose se si pensa alle immense ricchezze del territorio zairese.
Cari giovani, se in questo mio scritto coglierete anche una sola parola che vi aiuta a scoprire la ricchezza che è in voi e il disegno di Dio su di voi accoglietela. Non rassegnatevi a seguire la routine dei più, sarebbe una vigliaccheria contro voi stessi e contro Dio. Le strade per seguire Dio non sono complicate, sono semplici anche se ardite, con ostacoli che però sono sempre superabili con il suo aiuto.
Egli non vi domanda di fare, vi chiede di essere, essere come Lui e solo per Lui, per il servizio del suo Vangelo e dei fratelli. L'importante è dire "sì". Contro ogni paura e ogni dubbio: "Eccomi, Signore, per fare la tua volontà". Questo vi auguro di tutto cuore e vi assicuro la mia preghiera.