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Da sempre teneramente amati!

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Il tuo amore che da sempre ci accompagna, o Padre, spalanchi il nostro cuore alla confidenza filiale verso di te e alla solidarietà fraterna verso ogni persona che di te è viva immagine. È salvo chi accoglie l'amore del Padre. Nell'enciclica "Dives in misericordia", dedicata  a Dio, padre di misericordia, il Papa richiama che il vero rivelatore della misericordia del Padre è Cristo; e la salvezza consiste nel credere e accogliere il mistero del Padre e del suo amore che si manifesta e si dona in Gesù mediante lo Spirito.

Il missionario, è naturalmente ogni battezzato, è un privilegiato che ha incontrato Cristo, lo ha ascoltato, ne è diventato discepolo a tempo pieno, è stato poi trasfigurato da quello che è il "dono" più grande del Padre e del Figlio che è lo Spirito e dalla sua presenza è stato reso capace di espandere intorno a sé questo amore ineffabile e divino. Il discorso si allarga a tutti i battezzati, perché è col dono del battesimo che tutti i credenti sono diventati figli nel Figlio e sono entrati in quel rapporto di figliolanza che fa esperimentare nella comunione con lo Spirito Santo la benevolenza del Padre.

Ogni battezzato, se arriva ad aprire gli occhi su questa stupenda realtà divina che da sempre l'avvolge, non può non esplodere nella naturale testimonianza di confidenza filiale verso Dio e di solidarietà fraterna a tutta prova verso ogni persona che è viva immagine di Dio.

Il Cristo: il dono più grande del cuore del Padre. È ormai imminente il Grande Giubileo dei 2.000 anni che ci separano dalla nascita di Cristo, che è il dono più grande che il Padre ci ha fatto. Quest'ultimo anno di preparazione, il 1999, dovrebbe essere l'anno che ci apre alla contemplazione della universale paternità di Dio e ci porta all'esperienza di una fraternità che miri ad estendersi all'intera umanità.

Dovremmo arrivare a sentire in profondità, a vivere e gustare questo grande dono del Padre. In preghiera con un grande mistico. Come Charles De Foucauld, il Fondatore dei Piccoli Fratelli e delle Piccole Sorelle di Gesù, dovremmo poter pregare: "Mio Dio, come sei buono tu che ci permetti di chiamarti 'Padre nostro! Mio Dio, come sei buono! Come devo tenere presenti tutti gli istanti della mia vita passata in quest'ordine così dolce!

Quale riconoscenza, quale gioia, quale amore, ma soprattutto quale fiducia, tutto questo deve ispirarmi! Dal momento che sei mio padre, o mio Dio, quanto devo sperare in te! Non solo: dal momento che sei così buono verso di me, quanto devo essere buono con gli altri! Dal momento che vuoi essere padre mio e padre di tutti gli uomini, come devo avere per ogni uomo, chiunque sia, per quanto malvagio sia, i sentimenti di un tenero padre!

Ormai nella mia vita deve prevalere il senso della fiducia fondata su una speranza inalterabile e su un amore filiale illuminato verso di te e fraternamente impegnato verso tutte le altre persone!  Possa con la mia riconoscenza, col mio amore, con la mia obbedienza, , essere veramente la persona di fiducia che piace al mio cuore!".

Il grande filosofo e matematico Blaise Pascal con verità afferma che il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei cristiani è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l'anima e il cuore di coloro nei quali è entrato, un Dio che fa internamente sentire a ognuno la sua miseria e la propria infinita misericordia.

La confessione ardita di Péguy. Il poeta francese Charles Péguy, con l'ardore del figlio ritornato all'abbraccio del Padre, confessa con bruciante sincerità: "Dio ci ha preceduto: è il mistero di tutti i misteri. Tutti i sentimenti, tutti gli slanci che dobbiamo avere per Dio, Dio li ha avuti per noi. Singolare capovolgimento che accompagna tutti i misteri, li raddoppia, li dilata all'infinito. Bisogna aver fiducia in Dio. Egli ha avuto fiducia in noi tanto da affidarci il suo Figlio unigenito (ahimé, che cosa ne abbiamo fatto!). È Dio che ci ha dato credito e fiducia e ha sperato in noi. Dio ha riposto la sua speranza, la sua speranza divina in ciascuno di noi. E noi non arriveremo a riporre tutta la nostra speranza in lui?".

Un padre materno nel capolavoro di Rembrandt. È delicatissimo il pittore olandese Rembrandt nel raffigurare la parabola del padre buono e misericordioso che abbraccia affettuosamente il figlio ritornato dalla sua triste esperienza di peccato: sembra quasi che voglia rigenerarlo di nuovo con quel suo gesto di riconciliazione e di pace. E c'è un particolare originalissimo che va notato: una delle due mani poste in pieno risalto dal primo piano, mostra chiaramente i caratteri della femminilità. Dunque siamo di fronte a un padre che è anche madre. Un padre materno.

Ha ragione allora p. Turoldo quando prega: "Grazie, o Dio, per come tu sei, grazie perché nulla mai ti eguaglia: neppure il segno di padre e di madre giova a svelarci il mistero che sei. Tu sei la luce che splende in silenzio, sei dentro l'arcobaleno di pace: gioia, piacere d'amare, di vivere: piccolo e grande dai nomi infiniti. Tu sei, Signore, il Dio della vita, della pietà il Signore tu sei: 'misericordia è il tuo vero nome: 'eleison hymas!' (pietà di noi!)".

Tu porti impresso il mio nome sul palmo della mano. Sì, è proprio vero che Dio mi ama di un amore eterno e porta impresso il mio nome sul palmo della sua mano (Is 49,16). Egli mi conosce e mi ama, afferma commossa il dottore della Chiesa s.Teresa di Gesù Bambino, come se per lui fossi un essere unico al mondo. E, quello che è più sconvolgente, mi chiama all'altissima responsabilità di collaborare con lui, sostenuto dalla forza dello Spirito, alla sublime missione del suo amatissimo Figlio della redenzione dell'umanità intera. Grazie, Signore!

La filiale contemplazione della tua universale paternità divenga gioiosa esperienza di cordiale fraternità verso tutti gli esseri, da sempre da te amati, dal sangue del Cristo redenti e chiamati nello Spirito alla dolcissima e beatificante comunione della vita eterna.



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