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Cresciuto alla scuola dei giovani

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Il desiderio di diventare missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse occasioni di incontrare i saveriani fin dall'infanzia. Ricordo alle elementari una lezione sull'Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla mondialità.

Sicuramente l'incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari Tutu, anche lui saveriano, ma di origine congolese. Non ero più alle elementari, ma ero ancora "a scuola": studiavo teologia nel seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste. Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo popolo.

Ho portato nel cuore quelle storie, mi sono documentato e alla fine ho colto la chiamata del Signore alla vita missionaria in favore del Congo.

La grande eredità di p. Favarin

La Provvidenza ha voluto che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla missione. Ci sono rimasto fino a ora e ho imparato molte cose. Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la capitale economica che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata "Jésus le Bon Pasteur". Sono assieme a p. Paulino Ramírez e a p. Francesco Zampese.

Il mio formatore era p. Sergio Favarin che, prima di morire per tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i giovani. Ora lo sostituisco e devo dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte distrazioni. Infatti, come diceva un prete di Parma, "con i giovani bisogna perderci tempo".

La mia formazione alla vita missionaria e all'ordinazione presbiterale è passata per la scuola dello "stare in mezzo ai giovani". Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell'ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati, alle prigioni...

La vocazione è un dono

In questi anni di formazione, il Signore ha messo al mio fianco una lunga fila di persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro... Da ciascuno ho imparato qualcosa.

Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato da san Guido Conforti: propagare ovunque l'amore di Cristo. Dopo l'ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai confratelli e ai giovani.

Chi è p. Carlo Salvadori

Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l'hanno educato alla fede fin dalla tenera età nella comunità parrocchiale di Santa Maria del Rosario di via Isola.

Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all'istituto per geometri "Camillo Rondani" nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell'istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti.

Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno è partito per un'esperienza formativa in missione, in Camerun (Africa centrale), dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi.

Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: "In Italia diciamo «pauroso come un coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena ti vede scappa".

Comunque sia, auguriamo a p. Carlo il coraggio di donare la vita intera alla missione.



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