Coltiviamo la speranza
Entro fine novembre vi è arrivato (almeno così speriamo) il nostro calendario con immagini e parole che vi fanno sentire partecipi della nostra vita. Ne siamo contenti. Il calendario ci aiuta a pensare al dono e alla responsabilità del tempo e ci pone una domanda ineludibile: che cosa ci riserverà l’anno nuovo? Di che cosa riempiremo le pagine dell’agenda del 2023? Non lo sappiamo.
C’è chi confida negli oroscopi per saper che cosa ci riserverà il nuovo anno. Noi cristiani più semplicemente ci affidiamo a Dio che ha in mano i nostri giorni, come dice un salmo (31,16) e che ci dona questo nuovo tempo per diventare sempre più umani, più simili a Colui che si è fatto uomo in mezzo a noi. Ma la domanda si ripropone: come sarà l’anno nuovo?
È una domanda motivata e legittima, visto che il 2023 si apre con segni che non sono proprio di consolazione: la paura della guerra, le sofferenze dei nostri fratelli sotto le bombe, di quelli che cercano - a rischio della vita - di fuggire dalla schiavitù, di quelli che sono vittime della violenza o della carestia o del fango.
Ma non siamo soli davanti al male che avanza. Da duemila anni, Dio si è fatto carne ed è entrato, fragile e mortale come noi, uguale a noi in tutto, fuorché nel peccato e ci ha assicurato: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). La sua presenza in mezzo a noi non cancella il male e non modifica il corso della storia, ma la croce del Signore, Dio fatto uomo, è piantata in mezzo alla corrente del tempo, segno di riconciliazione e di pace, sostegno della nostra speranza qui sulla terra. E il nostro compito di discepoli-missionari anche quest’anno è quello di coltivare la speranza. A Natale abbiamo sentito risuonare di nuovo la consolante parola della nostra fede: “Il Verbo si è fatto carne ed ha messo la sua tenda tra di noi”. Dunque, è ancora possibile sperare in un mondo nuovo, dove tutti possono vivere insieme come figli e fratelli. Ecco la missione per il 2023!