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Chiamati alla missione, Una sfida: nati per amare

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Nell’attuale minaccioso scenario mondiale, i cristiani celebrano il mistero del Natale, della povertà incarnata di Dio. È il rovescio della logica dell’onnipotenza, il congedo da chi pretende di controllare il pianeta con la potenza delle armi o del mercato.

Dio ha avuto la pazza idea di guidare la storia in maniera debole, con la fragilità di un bambino, e di abbracciarla dalla scomoda posizione di un vinto, di un crocifisso.

Nel lontano 1944, dall’agonia del campo di concentramento di Flossenburg, Dietrich Bonhoeffer scriveva: “Dio è impotente e debole nel mondo e così, soltanto così, rimane con noi e ci aiuta. Cristo non aiuta in virtù della sua onnipotenza, ma in virtù della sua sofferenza”. 

Parole sconvolgenti, ma che offrono la chiave di lettura anche della sconosciuta figura di Annalena Tonelli, la missionaria laica morta in Somaliland, all’inizio di ottobre 2003, per mano di un assassino il cui movente è ancora oscuro.

Nata a Forlì sessant’anni fa, Annalena era rimasta affascinata dalla spiritualità di Carlo de Foucauld. Decise di seguirne l'esempio, condividendo la sua vita al servizio dei più poveri in mezzo al mondo islamico, prima in Kenya e poi in Somalia. Da laica, senza farsi suora, e poveramente, senza l’appoggio di forti istituzioni.

Lo scorso anno, in occasione della giornata internazionale del volontariato, aveva accettato di dare la sua testimonianza.

“Volevo seguire Gesù e scelsi di essere per i poveri. Per lui, feci una scelta di povertà radicale, anche se povera come un povero io non potrò mai esserlo. Vivo il mio servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza versamento di contributi per quando sarò vecchia. Sono non sposata, perché così scelsi nella gioia quando ero giovane. Volevo essere tutta di Dio. Partii decisa a gridare il vangelo con la mia vita sulla scia di Carlo de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatre anni dopo, grido il vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a farlo sino alla fine. Questa la mia motivazione di fondo, insieme a una passione da sempre invincibile per l’uomo ferito e diminuito senza averlo meritato, al di là della razza, della cultura e della fede”.

Cari amici, se cercate un senso per la vostra vita, non guardate alle vetrine di questo Natale con gli occhi bendati dalla logica del mercato, che è riuscita a svuotarne il significato più profondo. Dio si è fatto uomo per prendersi cura - to care - degli altri, in particolare dei più piccoli e poveri. Il mistero del Dio-bambino di Betlemme e la testimonianza di una donna sconosciuta, Annalena Tonelli, ci insegnano che la vita serve per servire, all’insegna del to care.

“Alla fine - diceva Annalena nella sua testimonianza ai volontari - io sono veramente capace solo di lavare i piedi ai derelitti, a quelli che nessuno ama, a quelli che misteriosamente non hanno nulla di attraente agli occhi di nessuno”. Una vocazione capovolgente, quella di Annalena, l’unica donna cristiana in tutta Somaliland, che ha voluto condividere la forza dell’amicizia con i più poveri del mondo islamico, spendendosi senza risparmio, fino al punto che un vecchio arabo sentì il bisogno di gridarle in faccia per essere sentito da tutti: “Nel nome di Allah, io ti dico che, se noi seguiremo le tue orme, noi andremo in paradiso”.

Annalena: una donna nata per amare e dare la vita. Che non sia questa anche la nostra vocazione?

Nati per amare: sarebbe una bella sfida vocazionale per il nuovo anno che sta per cominciare.



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