''Caro figlio, ecco ciò che vuoi sapere…''
Tutti i maggiori giornali e settimanali in questi mesi vengono fuori con servizi fotografici e articoli – testimonianze sulla prima guerra mondiale, chiamata “la grande guerra” (ma una guerra potrà mai avere la qualità della “grandezza”?).
Certo, non è questa una ragione sufficiente perché anche un mensile missionario come il nostro esca con qualcosa che segua l’esempio delle grandi testate. Ma abbiamo in mano la testimonianza personalissima di un papà che ha voluto raccontare al figlio missionario qualcosa di tutto ciò che passa nell’animo di un giovane costretto alla guerra e alla prigionia, costretto a chiamare “nemico” colui che per lui è solo “fratello”.
I lettori più anziani, leggendo questa testimonianza, gradiranno richiamare alla mente i loro ricordi personali; i lettori più giovani potranno ricavarne l’opportunità di conoscere la dura realtà di una vita senza libertà, senza dignità (se non quella interiore, che nessuno può mai togliere a chi ci tiene, anche a costo della vita).
La cosa è nata così.
Giovane studente liceale, nelle conversazioni o nei temi, non aveva niente da dire sul tema della “grande guerra”, mentre i coetanei avevano tante storie da raccontare. Suo padre non aveva mai detto una parola su quegli anni, come se avesse voluto cancellarli dalla memoria propria e di famiglia. Un giorno il figlio prese coraggio e scrisse al genitore: “Come mai non ci hai mai parlato della guerra?”.
Una settimana dopo, il postino consegna una grande busta rossa con 14 fogli scritti fitti senza margini. Portava la data del 28.11.1961 e iniziava così:
“Caro figlio, ecco ciò che vuoi sapere, cioè come ho passato quegli anni della mia vita. Se io avessi una cultura, dovrei scrivere un romanzo; ma avendo fatto solo la terza elementare, mi limito a un semplice diario di quello che ricordo…”.