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Annunciare Gesù in amicizia: Matteo Ricci e il dialogo...

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Questo titolo non intende far colpo, ma esprimere una verità che è opportunamente ricordata dalla celebrazione del IV centenario della morte di padre Matteo Ricci (1610-2010), gesuita originario di Macerata e pioniere dell'evangelizzazione in Cina. Egli era un matematico e un astronomo, ma più ancora un missionario innamorato di Gesù Cristo, alla ricerca della strada più efficace per annunciare il vangelo al mondo cinese.

Cultura e scienza dell'amicizia

I metodi consueti di quel tempo si erano rivelati inefficaci e il mondo cinese rimaneva indifferente. Matteo Ricci comprese che per annunciare Cristo doveva legare buoni rapporti d'amicizia con i cinesi. Cominciò con l'apprendere la lingua cinese non solo per poterla parlare, ma per poter ascoltare la millenaria cultura cinese. Egli non voleva solo farsi ascoltare, voleva farsi accogliere. Si lasciò quindi istruire dalla cultura cinese e comprese che il confucianesimo era la strada su cui far passare il messaggio evangelico.

Per farsi amici i cinesi usò le sue conoscenze astrofisiche e matematiche, che condivise con gli studiosi cinesi, e si fece amico di molti scienziati e della stessa corte imperiale, tanto che ancor oggi è ricordato come un amico del popolo cinese e la sua tomba si trova ancora in un giardino della capitale.

Il vangelo nell'amicizia

Dentro queste relazioni di fiducia e di amicizia, di conoscenza e di rispetto, padre Ricci non dimenticò la sua missione fondamentale: far conoscere e amare Gesù Cristo. Egli aveva compreso una verità che oggi ci sembra quasi scontata, anche se non sempre praticata: che il vangelo deve essere inculturato.

"Padre Matteo Ricci, ha detto Giovanni Paolo II, era giustamente convinto che la fede in Cristo non solo non avrebbe portato alcun danno alla cultura cinese, ma l'avrebbe arricchita e perfezionata". Per questo "la figura e l'opera del padre Ricci appaiono assumere oggi una grande attualità per il popolo cinese, proteso come è in un processo di modernizzazione e di progresso".

Il buon metodo dell'amicizia

Inoltre, questo grande umanista e scienziato scrisse per i cinesi un trattato sull'amicizia: "Dell'amicizia" (Nanchang, 1595; ed. italiana Quodlibet 2005, a cura di F. Mignini). In 100 sentenze, tratte dai classici europei antichi, presenta il pensiero dell'Occidente sull'amicizia. Per mezzo di essa, Ricci intendeva mostrare che la civiltà cinese e quella europea coincidevano su temi fondamentali.

L'opera stupì la Cina ed ebbe un grande successo. Padre Ricci aveva compreso che la sua missione, e il tentativo di avviare il dialogo tra Oriente e Occidente, potevano costruirsi unicamente sul fondamento della mutua conoscenza e dell'amicizia.

Il suo messaggio è attuale anche oggi, ovunque noi missionari ci troviamo, in Asia o Africa, ma anche qui nelle terre cristiane che si rivelano oggi bisognose di una nuova evangelizzazione. Anche qui dobbiamo trovare la strada della missione e questa non potrà essere diversa da quella elaborata da Matteo Ricci per la Cina.

Un metodo sempre attuale

Non avremo bisogno d'insegnare l'astronomia, ma di instaurare delle relazioni di ascolto e di rispetto, di conoscenza e di fiducia; in una parola, di amicizia con tutti coloro che incontriamo, ai quali vogliamo annunciare Gesù Cristo nel contesto di uno sviluppo umano integrale.

Il dovere di coltivare relazioni di amicizia e di fiducia è necessario ovunque, anche nel campo dello sviluppo. Lo ha ricordato recentemente il Papa: "La perdita della fiducia è una perdita grave" (Caritas in veritate 35). Oggi nel nostro mondo multi culturale e multi religioso, c'è bisogno di testimoni della sapienza cristiana e della fede in Cristo, di cristiani che ricordino che il mondo nuovo si costruisce solo a partire da relazioni di accoglienza e di tolleranza, di ascolto e di rispetto reciproco, di convivenza e di convivialità.

Questo non significa assolutamente qualunquismo o relativismo: è giusto e doveroso essere sicuri e fieri del nostro essere cristiani, "pronti a rendere ragione della speranza che è in noi", ma sempre "con dolcezza e rispetto" (1Pt 3, 16).

Matteo Ricci ricorda a tutti noi che per annunciare il vangelo, bisogna farsi amici di coloro ai quali annunciamo il mistero di Colui che per salvarci si è fatto uno di noi fino a dire: "Non vi chiamo più servi, ma amici".



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