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Al saveriano p. Luigi Arnoldi, premio ''Giovanni XXIII'' alla memoria

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Sabato 10 dicembre a Bergamo, nella chiesa di S. Alessandro in Colonna, è stato eseguito l'annuale concerto di Natale "Tradizione dal mondo", con la consegna del premio "Beato Giovanni XXIII". L'importante riconoscimento è stato consegnato a tre bergamaschi che si sono distinti per la loro testimonianza di vita missionaria nel mondo.

Uno dei tre premi è stato assegnato alla memoria del saveriano p. Luigi Arnoldi, nativo di Brembate, morto in un incidente stradale il 13 agosto 2011. Padre Luigi era in Italia per le vacanze e sarebbe tornato in Burundi all'inizio di settembre. Gli altri "premiati" sono sr. Vittoria Magni, orsolina missionaria in Bolivia, e mons. Mario Maffi, fidei donum in Bolivia e a Cuba.

Il ritorno al primo amore

Padre Luigi era entrato nell'istituto saveriano quando già aveva 19 anni. Era un missionario convinto. Alla vigilia della professione perpetua ai superiori scriveva così: "Sono pronto a rispondere in modo totale alla chiamata di Dio, ad amarlo sopra ogni cosa e a dare il mio contributo affinché in mezzo agli uomini,  specialmente i più poveri, cresca il suo Regno di giustizia e di pace".

Dopo la sua ordinazione, fu destinato alla missione in Burundi dove rimase fino al 1983, quando fu espulso dal Paese assieme ad altri saveriani. Fu un'esperienza bruciante per lui. Ma non per questo abbandonò l'amata Africa. Nel 1984 partì per il Congo, dove lavorò per cinque anni. Imparò la lingua swahili e studiò la cultura lega.

Nel 1990 i superiori lo richiamarono in Italia, per essere rettore della comunità di Alzano e poi animatore missionario a Udine. Nel 1997 tornò di nuovo in Burundi, dove fu impegnato come docente in seminario, come superiore dei saveriani della regione e infine come formatore dei giovani saveriani del Burundi.

"Rimanere nel suo amore" in ogni momento

La vita di p. Luigi può essere riassunta molto bene da una lettera che egli scrisse al superiore generale nel 1999.

"So per esperienza che amare veramente le persone non è cosa facile. Sento tutta la mia incapacità e povertà. Non possiedo in proprio ciò di cui voglio disporre per donarlo agli altri. Allora, non mi rimane che tenere sempre davanti agli occhi e mettere in pratica l'invito di Gesù: «Rimanete nel mio amore».

Non c'è altra soluzione se voglio veramente amare come lui ama e come l'amore esige.

«Rimanere nel suo amore» è amare lui prima di tutto come valore assoluto, cosicché amare Gesù è fondamentale se voglio amare i fratelli... Non si può, infatti, amare concretamente Gesù che nel suo corpo, che sono i fratelli. Così si ama Cristo, punto di partenza e di arrivo di ogni altro amore, e non si corre il rischio di amare i fratelli in modo disordinato e, quindi, di non amarli per nulla.

Ciò sembra un puro ragionamento, ma per me è una specie di sintesi che mi fa fare un passo avanti verso l'unità tra l'amore di Dio e del prossimo, in un unico gesto. Sento che questo passo avanti nella riflessione mi dà serenità e, quindi, è un passo verso la verità dell'amore, così difficile da vivere in modo vero.

Rimane, tuttavia, la parte più difficile: quella del quotidiano, in cui mi è data la possibilità di amare Cristo e il fratello in modo concreto e unitario. Bisogna che mi dia da fare, dunque, in tutte quelle occasioni d'incontro che la giornata mi offre, magari anche cercando delle opportunità, andando incontro al fratello nelle sue necessità, prestando attenzione a chi mi è accanto o a chi mi passa accanto".



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