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Blasfemia. È l’accusa con cui in Pakistan è stata condannata a morte la giovane Asia Bibi. È la colpa presunta che ha portato due giovani sposi nella stessa nazione a essere arsi vivi in un’esecuzione sommaria, di piazza. La religione diventa estrema follia umana, inconcepibile non solo per chi in quegli stati vive, lavora e cerca di professare la propria fede liberamente.

Missionari, vescovi e associazioni cristiane, a gran voce e da molti anni, chiedono di annullare o modificare una legge che si presta a interpretazioni eccessive e che spesso diventa giustificazione di una violenza brutale.

La giustizia è finta, mascherata, deviata, resa personale da una tribù, un’etnia, un gruppo di facinorosi…

E intanto la fondazione pontificia “Aiuto alla chiesa che soffre” (Acs) ha presentato il dodicesimo “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo”, da cui emerge che in ben 116 paesi si sono registrati abusi e limitazioni inaccettabili.

Celebrità. In un tribunale sudafricano l’atleta paraolimpico Oscar Pistorius è stato condannato a cinque anni di carcere per aver ucciso “accidentalmente” la fidanzata. La luce dei riflettori ha spento anche questo caso, facendo calare il sipario sulle vicende di un giovane a cui una malformazione aveva tolto l’uso delle gambe, e a cui la vita aveva regalato la possibilità di competere ad alti livelli con atleti normodotati.

È strano il destino di un trentenne che ha lottato tanto per un principio di giustizia e che con la giustizia ha poi dovuto fare i conti, ben diversi da quelli dettati dal cronometro sulla pista d’atletica. Sentiremo ancora parlare di lui, perché fa parte del cosiddetto “star system”. Ma che uomo troveremo? Vittima o protagonista di giustizia?

Di giustizia si muore. È forse la frase più forte lanciata con disperazione e orgoglio da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il geometra romano morto nel 2009 durante la detenzione cautelare. Stefano non era uno “stinco di santo”; probabilmente era anche colpevole di qualcosa, e pronto a pagare la sua colpa. Ma di questo caso, che ha fatto tanto clamore e che non è ancora chiuso, mi stupisce proprio una contraddizione dei termini: detenzione cautelare.

A cautela di chi, per che cosa? Con quali garanzie? Se l’Italia è un Paese civile, se siamo la culla del diritto, perché non si può sapere cos’è veramente successo? Non è questione di giustizia a tutti i costi. È essere consapevoli che la mancanza di giustizia ha dei costi che si chiamano sofferenze, attese vanificate, speranze tradite.

Vergogna. è il sentimento provato dai familiari delle vittime dell’eternit di Casale Monferrato, dopo l’annullamento della condanna da parte della Cassazione. Ed è ciò che proviamo anche noi.

La giustizia gratuita. “La chiesa ha tanta generosità per poter fare giustizia gratuitamente”, ha detto papa Francesco ai partecipanti al corso di prassi canonica. Ci viene ricordato che la gratuità serve a scindere l’interesse spirituale da quello economico, a evitare gli scandali e a far presto per dare risposte alle persone coinvolte. Un messaggio da condividere, da raccogliere, perché non tutto deve avere sempre un listino con i prezzi; e in particolare, la giustizia e la dignità umana.

Ancora una volta, però - tra una, nessuna e centomila giustizie -, Gesù viene al mondo. E ancora una volta a lui ci rivolgiamo, sempre più assetati e speranzosi di giustizia.

Buon Natale!​



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