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Tra una lettura e l’altra, in questo inizio d’estate, l’occhio è caduto su un articolo che riportava la circolare per le vacanze di Andrea Bortolotti, preside delle scuole medie di Settimo Milanese (MI). “Riposatevi e divertitevi. Coltivate le amicizie, eventualmente anche nuove. Se potete viaggiare, fatelo. Poiché comunque potete ascoltare, guardare e leggere, fatelo: in particolare ascoltate musica, guardate film, leggete libri e fumetti e parlatene con i vostri amici. Tenete un diario, scrivete agli amici preferibilmente lettere o mail. Pulite un tratto di spiaggia, di prato o di bosco. Nei casi disperati cominciate pure da camera vostra… Dimenticate spesso il cellulare da qualche parte. Nei casi disperati, dimenticatelo una sola volta. Nel secchiello del ghiaccio, con molto ghiaccio. Detti compiti non saranno valutati. Saranno loro a valutare voi”. Qualche insegnante non sarà d’accordo, probabilmente un po’ di compiti tradizionali sono necessari. Ma il programma per l’estate del preside non è banale, forse è anche più difficile da mantenere che sedersi alla scrivania... È quasi una rivoluzione perché per un giovane mettere in “ghiaccio” il cellulare corrisponde a un’auto-punizione severa. Condividere esperienze parlando senza il filtro dei social è quasi utopistico. Scrivere una lettera che non abbia la forma della chat sembra un ritorno nel passato. Alzarsi dal divano per prendere in mano la ramazza è una fatica che in gruppo diventa divertimento. Ma è una rivoluzione possibile, pacifica, gratificante e doverosa.

A Firenze, invece, un insegnante si è presentato agli scrutini indossando una maglietta con la scritta: “Nella vita si può anche non capire”. Alcuni giorni prima stava spiegando storia in una classe di quattordicenni. Alla fine della lezione, uno di loro alza la mano e chiede venga rispiegata una parte. I suoi compagni reagiscono all’unisono con toni un po’ aggressivi… Lui si giustifica: “Nella vita si può anche non capire”. Il professore è colpito da quella frase. Per rafforzarne il valore, la scrive alla lavagna e la discute con loro, sottolineando che ognuno dovrebbe rispettare i tempi degli altri, soprattutto quando sono diversi dai nostri. Quella lezione rimane così impressa agli studenti che alla fine dell’anno scolastico decidono di regalare al professore una maglietta con la frase pronunciata dal loro compagno, diventata ormai una sorta di motto della classe. In un mondo in cui l’efficientismo regna sovrano, ammettere una debolezza è quasi fuori moda. Perché la normalità non fa notizia. E forse è meglio diffidare di chi dice di capire sempre tutto. Ma con questi due episodi non c’è che dire: la scuola fa… scuola.



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