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I tempi dell'amicizia con p. Sandro Parmiggiani risalgono agli anni dell'adolescenza. Ci siamo trovati insieme negli immensi spazi del Seminario, tra tanti ragazzi e poi giovani, approdati per lo più dalle zone della Bassa o dalle terre agricole della nostra vasta provincia, compresa tra luoghi mantovani, cremonesi e bresciani-milanesi.

Le condizioni economiche di provenienza erano, all’apparenza, generalmente modeste. Ma erano evidenti le necessità di avviarsi agli studi, di fronte all’urgenza per tanti di noi di approdare ad un lavoro. Sono rimaste impresse nella mente quegli immensi saloni, carichi di silenzio nei tempi dello studio e animati da festa, quando l’amicizia si arricchiva di gioia e di voglia di correre.
Poi, i nostri cammini si sono divisi. Sandro ha deciso di entrare nell'Istituto dei missionari Saveriani a Cremona, dove c’era un ambiente ampio con tanti studenti e molteplici iniziative che miravano a far maturare coscienze missionarie, destinate ai luoghi più lontani del mondo. Io ho lasciato il seminario, ma con tanti ricordi di quelle esperienze di vita e di studi, che avevano aperto l'animo a rimanere credenti e generosamente preparati a difendere i principi della vita cristiana e della dottrina sociale della Chiesa.

La vita non ci ha diviso. Sandro diventò presbitero missionario e fu mandato nelle terre lontane del Bangladesh, fino a quando una dura malattia lo costrinse a tornare all'Istituto di Cremona (e vi rimase diversi anni). Io sono entrato nella Scuola Italiana, come docente di Italiano e Latino: vite diverse, ma destinate a rimanere simboli di valori che il tempo non ha distrutto.
La gioventù se ne era andata, ma l’amicizia era il valore di sempre, con le sue inconfondibili caratteristiche, costruite sui ricordi, sulla cultura ricevuta, sui maestri conosciuti, sui compagni incontrati.

Nulla era dimenticato, come si notava nei ritrovi annuali tra gli amici di sempre. Ed era festa di “persone” che avevano percorso insieme un itinerario di vita illuminato di ideali e di saggezza maturata.
Di tanto in tanto, ci trovavamo per parlare un po’ delle cose di ieri, nella casa di Cremona, per una “confessione” che aprisse l'animo a una rinnovata speranza, tra le precarietà dei nostri giorni. Così, era possibile risentirci al telefono, per confidarci le nostre piccole storie, che sapevano tanto di pagine di “Diario di un curato di campagna”, con la convinzione di padre Sandro che “Sperare è rischiare”.

Il giorno della sua morte (5 aprile 2020) è stato, prima di tutto, la coscienza di un’interruzione di affetti e di amicizie. Ma, col tempo, è diventata la valorizzazione di una “bontà”, costruita sulla bellezza degli ideali.



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