Skip to main content
Condividi su

Mi trovo ad Alzano, di rientro dal Bangladesh, per qualche mese di riposo. Tanti mi chiedono che cosa voglia dire fare missione in questa nazione a grandissima maggioranza musulmana e con solo una piccola minoranza hindù, cristiana e buddhista. Da parroco a Satkhira, piccola cittadina vicino al confine occidentale con l’India, sono a contatto, prima di tutto, con la comunità cristiana. I suoi membri, però, provengono dall’ambiente “fuori casta” hindù e, spesso, rimangono segnati anche psicologicamente dalla realtà d’origine.

Sono i cosiddetti intoccabili, gli “impuri fin dalla nascita”, a causa della professione loro affidata dalla casta a cui appartengono. La divisione in caste segna il destino delle persone. Gli intoccabili vivono con la sporcizia e la morte che è impura per eccellenza. Come lavoro, devono pulire le campagne dalle carcasse degli animali morti. Sono persone emarginate, da evitare, nonostante il loro lavoro sia prezioso e nessuno (né hindù, né musulmani) voglia avere a che fare più di tanto con loro. Da 50-70 anni, alcuni hanno deciso di abbracciare il cristianesimo, soprattutto per cambiare la propria identità e acquistare dignità di fronte agli altri. Io, come tutti i missionari in Bangladesh, anche oggi li accolgo volentieri. Collaboro alla realizzazione delle loro attese, attraverso l’educazione scolastica che incomincia, per alcuni, da un orfanotrofio. A volte mi sono dovuto esporre perché potessero ottenere giustizia.

Mi sono interessato alla loro promozione integrale, anche con la creazione di nuove occasioni di lavoro offerte dal centro di ricamo per le donne, per i giovani e dai tanti laboratori di falegnameria, di barberia e di meccanica. Ho collaborato alla realizzazione delle loro attese e sono contento. Li scoraggio, invece, quando mi chiedono di aiutarli ad andare all’estero perché, per me, più che risolvere qualche loro problema ne crea molti altri. Li invito invece a credere nelle loro possibilità, nella terra e nella cultura nella quale sono nati.
Propongo ovviamente anche un cammino di fede cristiana. Accogliendoli nella chiesa mi sembra di offrire loro non solo dignità, ma anche una nuova relazione di figliolanza con Dio e la possibilità di vivere una fratellanza universale, che proprio la fede rende possibile.

Vivere nella fede, significa costruire anche delle chiesette che possono diventare il luogo in cui più facilmente la Parola di Dio e la sua Grazia si fanno presenti. Esse operano quel cambiamento del cuore che, nonostante la mia buona volontà, sento di dover attribuire alla Grazia del Signore. Faccio mio in altre parole quello che dice il Salmo 126: “Se Dio non costruisce la città, invano vi faticano i costruttori”.

In un ambiente segnato ancora oggi dalla povertà, la missione cattolica è un punto di riferimento per tutti, compresi i musulmani, che vengono a bussare per essere aiutati (medicine, ricostruzione di case distrutte dalle alluvioni, interventi chirurgici che spesso sarebbero irrealizzabili). In questo ambito, secondo le nostre possibilità economiche, diamo la precedenza normalmente ai bambini, per esempio, a quelli colpiti dalla talassemia, offrendo sacche di sangue per trasfusioni, che permettono loro di sopravvivere. Si cerca anche di dare carrozzelle ai disabili e cure complete agli ammalati di tubercolosi. Anche questa è la missione che, attraverso le opere di carità, permette di fare sperimentare loro la vicinanza di quel Dio Padre Misericordioso che magari ignorano. Imparano a conoscerlo proprio attraverso la presenza e testimonianza dei missionari e delle missionarie.

Mi sembra che, facendo tutto questo, non si faccia altro che lasciarci guidare dalla parola del vangelo di Giovanni quando descrive la missione di Gesù come “offerta di vita e di vita in abbondanza” (cap.10).
In Bangladesh, in mezzo a religioni diverse, la mia missione parla piuttosto di offerta di vita, anche quella eterna naturalmente, senza però dimenticare la vita di ogni giorno tante volte soffocata o imprigionata dalla cattiveria, dall’egoismo e dall’indifferenza. Questo è ciò che io ho sempre voluto fare. Più che sulle mie poche forze, posso contare sulla forza che viene da Dio e sulla sua Provvidenza, di cui voi siete la concretizzazione. Grazie a voi tutti per l’interesse, la collaborazione e la preghiera che offrite per la nostra missione in Bangladesh.



Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito