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I saveriani e le suore scalabriniane hanno organizzato a Siracusa un campo missionario dal 25 luglio al 5 agosto 2017. L’obiettivo era offrire un percorso di crescita personale, condividendo la giornata e tramite il colloquio personale.
La mattinata era dedicata alla formazione, alla spiritualità e alle testimonianze. Nel pomeriggio, stavamo con una sessantina di ragazzi minori non accompagnati. Abbiamo visitato varie periferie della città: la parrocchia di don Carlo, che vive con gli immigrati e la cui chiesa diventa un dormitorio; la comunità che accoglie le famiglie per favorire l’integrazione; il giro serale sulle strade di Siracusa, per distribuire il pane a chi ha fame. Siamo andati negli ospedali a incontrare, incoraggiare, consolare, cantare, stare con chi era solo. Questa esperienza ha toccato profondamente tutti noi, si è incisa nell’anima cambiando così il modo di vedere il mondo e di relazionarci con chi è diverso da noi. Ecco i commenti di alcuni prtecipanti.

È stata un'esperienza sensazionale, a 360 gradi. E non ne sono ancora uscita. Quando lasci che qualcosa prenda tutto di te e ti lasci toccare il cuore e la coscienza, quando si tratta di umanità, è difficile uscirne. Abbiamo vissuto un'esperienza imparando dal prossimo molto più di quanto potessimo insegnare. Se fossi un'artista potrei disegnare i volti di ciascuno, esaltarne le differenze e farne ritratti. La maggior parte delle persone direbbe: “Sono neri? Sono tutti uguali”. Il pensiero che invece è cresciuto in me, dopo questo campo, è: “Sono neri? Sono uguali a noi”.
Abbiamo toccato con mano cos’è la compassione, accarezzando volti, stringendo mani, abbracciando, guardando occhi con mille storie da raccontare. Abbiamo riso con loro, giocato, pianto, cucinato e condiviso le giornate, il cibo, gli spazi, soprattutto i sentimenti. Di questo campo mi porto le ferite delle storie di ciascuno, che ormai sono anche le mie, i sorrisi, i nomi, gli sguardi, gli abbracci, le lacrime, gli occhi. (Laila)

Eravamo in 10, tutti armati di buona volontà, apertura e accoglienza verso il prossimo. Ci ha accolto suor Terezinha Santin, missionaria scalabriniana proveniente dal Brasile, una persona meravigliosa. Tramite il gioco, portavamo la gioia, i ragazzi si divertivano e si sentivano coinvolti. Ci ha colpito il loro modo di essere accoglienti, con il sorriso stampato sul viso, gli occhi curiosi e pieni di gioia. Un grande cerchio con le sedie ci ha aiutato a conoscerci meglio. Non si stancavano, erano entusiasti e curiosi, ballerini e musicisti eccezionali. Hanno una capacità di memorizzare e imparare strabiliante. Mi chiedo: potranno mai far valere i loro talenti ed essere liberi di scegliere per la propria vita? Saranno costretti a continuare a scappare o, un giorno, potranno fermarsi e vivere dignitosamente? La sera, sulle strade, dando da mangiare ai poveri, ho scoperto la bellezza e la gioia di donare gratis, senza ricevere nulla in cambio. “Noi nutriamo i poveri e gli affamati, ma loro nutrono la nostra anima”. Dobbiamo avere la forza e il coraggio di abbattere il muro dell’indifferenza che si cela nei nostri cuori. Passare questi giorni a contatto con quei ragazzi mi ha insegnato molto. Ho visto nei loro occhi la sofferenza, sulla loro pelle i segni di un viaggio che ha segnato l’esistenza. Hanno ancora la forza e il coraggio di sorridere e guardare la vita con occhi di speranza.
Come possiamo lasciare che nostro fratello o sorella muoia di fame, sia sfruttato e maltrattato, mentre noi abbiamo da mangiare e possiamo porre fine a tutta questa sofferenza? (Emmanuel Villa)

Sentivo il bisogno di vivere un’esperienza forte, che mi riempisse il cuore. Fin dal primo giorno ci hanno accolto con gioia, rispetto e, nell’abbracciarci, una grande timidezza. Erano i ragazzi costretti a lasciare i propri villaggi per la povertà, per la guerra, portatori di segni di torture e violenze. Erano i ragazzi che sentono la mancanza della loro famiglia e che hanno un enorme bisogno di essere cercati, protetti, valorizzati. Cercano qualcuno che riesca a interagire e parli la loro lingua, oltre al linguaggio del sorriso e del cuore. Non sanno come mangiare i nostri gelati, ma hanno voglia di imparare e insegnare. Percepiscono di essere visti come diversi, consapevoli che possono fare paura. Se camminassero per le strade e si potessero vedere solo i loro occhi e cuori, la gente non se la darebbe a gambe.
Se avessimo il coraggio di non giudicare, di uscire da un certo egoismo e superficialità, scopriremmo un mondo di sorrisi bianchissimi, di occhi espressivi, di odori e profumi intensi, di grandi talenti, di sentimenti profondi ed emozioni, di sacrifici, di duro lavoro, di grande volontà, di persone che, come noi, chiedono solo una cosa: essere amati. E se non tutti siamo capaci di amarli perché in loro riconosciamo il volto di Gesù, amiamoli perché in gioco c’è il futuro del mondo, perché quando li amiamo creiamo dei legami forti, capaci di abbattere i pregiudizi, lasciando spazio a uno stupore che coinvolge, gioioso, commosso, umano. In questi casi puoi solo essere felice e dire “grazie”. (Laura Citterio)

"Un barcone con centinaia di migranti, forse più di 400, per la maggior parte somali, etiopi ed eritrei, sarebbe naufragato nel Mediterraneo”. Queste sono le notizie che tutti i giorni passano davanti ai nostri occhi. In Sicilia ho voluto vedere con i mie occhi chi sono costoro che lasciano casa e affetti e imparano un'altra lingua e usanze. Sono stati attimi indimenticabili.
I migranti minori non accompagnati, nonostante tutte le disumanità subite, ancora hanno la forza di mettersi in gioco. Non si può spiegare a parole la spensieratezza e la gioia che c'era tra noi giovani dal colore della pelle diversa, le lacrime trattenute, la voglia di costruire qualcosa di bello insieme. Loro avevano bisogno di vedere qualcuno che anche solo per cinque minuti gli facesse dimenticare tutto il male che c'è nel mondo. Mi hanno dato la forza di lottare ancora per le cose giuste, perché è inutile lamentarsi e diventare indifferenti e individualisti. Ognuno di loro è una persona e ogni vita vale. Vivere insieme è possibile. Al di là della religione, del colore della pelle, dell'età, ognuno è un pezzo di puzzle, indispensabile all'altro
                                                                                                                                                    (Valentina Fioretti)



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