Il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, è stato ospite del Festival della missione di Milano nella giornata di ieri. Prima dell'incontro sul tema “Far fiorire la vita – La missione Maddalena” ha risposto ad alcune domande della stampa. C'eravamo anche noi.
Dobbiamo metterci a parlare con la gente... Cosa fa papa Francesco? Esce, incontra la gente. Un po' come mia mamma che diceva a noi figli: “Fuori...” perché eravamo una famiglia numerosa. Il papa ci dice di renderci conto di cosa siamo e cosa siamo chiamati ad essere. E questa è la missione. L'immagine del missionario classico con la barba che partiva e tornava dopo un bel numero di anni, non c'è più. Il grande dono del Concilio è quello di insegnare il Vangelo qui e ovunque in una comunione tra chiese. Quelle chiese che una volta erano terra di missione oggi ci aiutano e sono sempre più sorelle.
Le due suore che hanno perso la vita in missione recentemente (suor Maria De Coppi in Mozambico e suor Luisa Dell'Orto ad Haiti) sono uno degli aspetti migliore del nostro Paese in assoluto, perché ci aiutano a capire il valore della vita e di essere italiani. E lo capiamo se usciamo, non chiudendo o chiudendoci. Luisa e Maria erano rimaste. Nessuno capisce sé stesso senza capire il mondo. Il locale si capisce con l'universale, altrimenti diventa localismo che è la cosa peggiore che ci possa essere, perché ti chiudi e pensi di difenderti. La storia e la generosità di queste due sorelle, così come di altre e altri in passato, sia una lezione per tutti e in particolare per la Chiesa perché ci insegna a come saper spendere la propria vita.
Dobbiamo essere consapevoli delle possibilità che abbiamo e di guardare al futuro con speranza. Nel recente Consiglio Episcopale abbiamo parlato di inverni, a partire da quello demografico. A noi cristiani tocca far fiorire la vita nelle difficoltà. Se non lo facciamo noi chi può farlo? Negli inverni dobbiamo credere di più e avere speranza.
Il Dialogo interreligioso è una strada potentissima. Quello che ci ha offerto papa Francesco con la Fratelli Tutti è qualcosa che dobbiamo iniziare a capire. È una grande visione, ma noi siamo all'inizio. La pandemia ci ha costretto a comprendere che siamo sulla stessa barca e purtroppo ce lo dimentichiamo molto facilmente e abbiamo creduto di capirlo stando fuori, lontano. Il dialogo ci aiuta a capire chi siamo e il dialogo si può fare tra credenti e non credenti, tra religioni diverse. Il valore del dialogo non lo riconosciamo perché spesso, anche all'interno della Chiesa, pensiamo che sia perdere la propria identità e quindi siamo più propensi a un monologo che però non ha futuro. Quando si parla della missione l'orizzonte è un po' più grande e si parla più liberamente, in altri ambiti più ristretti si finisce di parlare di chi è più grande e quindi di torti, ragioni, rivincite. Per questo, l'indicazione di papa Francesco di uscire è molto sana, perché ci libera, ci chiede di dialogare sul serio e di confrontarci con i problemi veri e non quelli che pensiamo di vedere dal chiuso dei nostri mondi.