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Il Bangladesh è un paese povero, sovrappopolato, con moltissimi giovani aperti al futuro, pronti ad andare in qualsiasi parte del mondo per lavorare e avere una vita dignitosa.

Agli inizi del Coronavirus, il governo ha deciso subito di mettere al sicuro la popolazione e sé stesso, bloccando l’attività di fabbriche, scuole, uffici, tribunali e incontri religiosi. Da mesi aveva annunciato iniziative per la nascita della stella del Bangladesh, il padre della patria e dell’attuale primo ministro, Sheik Mujibor Rahaman. Ma tutto è stato fermato, con l’imposizione di portare la mascherina, di lavarsi le mani con sapone e di tenere la distanza fisica di un metro circa. Nel giro di una settimana, la vita del paese e della gente si è trasformata. Tutti chiusi in casa, si usciva solo per lo stretto necessario, pena multe salate. Nelle strade, gli idranti, usati dalla polizia per disperdere i manifestanti, erano usati per lavare con acqua e varichina spruzzando l’acqua in alto per disinfettare l’aria. 

La stampa, da un mese circa, aveva iniziato a parlare della presenza del coronavirus in Italia, in Cina, in Europa e in America, parlando degli effetti nefasti. Anche il bengalese è rimasto meravigliato su ciò che stava avvenendo. Per loro era impensabile perché quei paesi sono ricchi e quindi… “onnipotenti”. Moschee, templi indù e le chiese sono rimasti chiusi. Alcuni leader musulmani hanno continuato imperterriti nei loro riti.    Vescovi e pastori delle chiese protestanti si sono attenuti strettamente alle decisioni del governo. A maggio 2020, il governo ha dato il permesso di riaprire fabbriche e uffici con l’obbligo della stretta osservanza delle regole sanitarie. Nel frattempo, ci sono state le più importanti feste musulmane e indù, e la Pasqua.

In città le regole sono state osservate con diligenza, nei villaggi c’era più lassismo. In Bangladesh, all’inizio della pandemia, i morti di coronavirus non sono stati molti (50-60 al giorno su una popolazione di 160 milioni di abitanti). Chi si è ammalato, generalmente è deceduto per strada o in casa, perché gli ospedali non li hanno accettati. Molti si sono chiesti come mai cosi pochi deceduti? Forse perché, in Bangladesh, l’aria è buona (ad eccezione di Dhaka, la capitale super inquinata). Il secondo motivo è che la popolazione bengalese è formata in prevalenza da giovani e la dieta bengalese contiene cibi di vitamine adatte a rendere forte il corpo umano e quindi a difendersi contro il Covid-19.

I vescovi hanno permesso la celebrazione dell’Eucarestia dalla prima domenica di luglio. Chi vive nei villaggi ha potuto celebrare dal mese di giugno, non prima, perché c’era molta paura. I tribunali hanno cominciato a funzionare da fine settembre e le scuole, a fine gennaio 2021, erano ancora chiuse.
Io lavoro per il dialogo interreligioso nelle scuole e negli incontri con il pubblico e guido vari gruppi di catechesi in città. Nei primi mesi, non si poteva fare nulla. Fino a fine settembre, eccetto la celebrazione dell’Eucaristia in una comunità di suore, non avevo altre possibilità di incontrare la gente. Mi sono dato alla lettura di libri in inglese e bengalese. Ho scritto su Facebook sul coronavirus e sulla nostra fede cristiana per i giovani cattolici, con cui sono in collegamento. Qualcuno ha interagito, la maggior parte no.

A novembre e dicembre, ho dato una mano a un gruppo che si preoccupa di fare coscientizzazione sulla talassemia, malattia molto diffusa in Bangladesh. La cultura bengalese, infatti, è portata a vedere la malattia, qualsiasi essa sia, come punizione di Dio.
Abbiamo celebrato il Natale con solennità, anche se non ci sono state riunioni. In gennaio, abbiamo ripreso gli incontri di formazione in parrocchia. Anche il Centro del Dialogo interreligioso ha ricominciato la propria attività. Ci siamo reincontrati, alla spicciolata, contenti e felici di non aver perso nessuno per strada nel frattempo. Abbiamo deciso di aiutare i poveri della zona attraverso una colletta, riuscendo ad acquistare delle coperte.

Nelle predicazioni e negli incontri personali, ho sottolineato la natura della pandemia, arrivata in un mondo malato, a causa dell’uso improprio del creato e della fragilità della vita umana. Come credenti dobbiamo sperare in un tempo migliore che, prima o poi, arriverà. Preghiamo il Signore perché la scienza trovi vaccini adeguati e le società farmaceutiche internazionali mettano a disposizione di tutti i loro brevetti, per la dignità di ogni persona umana. 



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