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Animazione Missionaria e Vocazionale

Desio (MB)


  • Via Don Milani, 2 20832 Desio MB

  • 0362 625035
  • 0362 632267
  • desio@saveriani.it
  • C/C Postale: 00358200
  • IBAN: IT 71F06230 33100 000046222194 (Cariparma Credit Agricole, Desio)
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Presentazione

La nostra casa vuole dunque essere “spazio aperto” di condivisione con la famiglia saveriana, composta dai missionari saveriani, dalle missionarie saveriane e dai laici saveriani. Insieme incroceremo cammini di vita alla luce di Cristo con un grande desiderio di felicità e di pace.

Cdesio celebrazionei rispecchieremo in tanti popoli con i loro volti, le loro storie e con le sfide come la pace, la giustizia, il dialogo interreligioso e interculturale, la salvaguardia del creato.

Qui, dall’inizio alla fine, la missione è intesa come incontro tra persone in Cristo che, secondo continenti, modalità e tempi diversi, suscita sfide, accende il cuore di desideri e porta a formulare progetti.

Offriamo, dunque, strumenti di animazione, itinerari e proposte di formazione, incontri di Spiritualità alla luce del Vangelo, l’ascolto di testimoni, di missionari che hanno già fatto la loro scelta di vita accanto agli ultimi del mondo.

Insieme, ci collegheremo con tante persone già impegnate nella diffusione del Vangelo e anche noi potremo scoprire cammini per farlo a partire dal nostro territorio, dal nostro ambiente lavorativo, scolastico o universitario, per essere anche noi proiettati verso gli altri… “fino agli estremi confini della terra!

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I nostri giovani sono tutti i giovani, quelli che ammiriamo a spalare fango dalle strade alluvionate e quelli di cui con tristezza ascoltiamo gli atti di vandalismo o di violenza. Sono tutti i nostri giovani; e il fare solo una cernita, di quelli che chiamiamo bravi o di quelli che diciamo sbandati, è già partire con una lente tendenziosa agli occhi che ci impedisce di capirli. Il giovane che è accorso a spalare il fango, in uno dei prossimi fine settimana può mettere a repentaglio la sua vita e quelli di amici causando un incidente per la troppa velocità, dopo la nottata in discoteca.

Altrettanto si dà il caso opposto: il giovane libertino dai jeans a strappi e il dorso tatuato è il primo a sentire compassione dell'anziano rimasto in piedi sull'autobus e si alza per cedergli il posto. Nel primo e nel secondo atteggiamento, sono gli stessi giovani. Dalla pala in mano per spalare, al piede sull'acceleratore per correre oltre la velocità permessa, può non passare alcun cambio d'identità. Sono gli stessi giovani.

I nostri giovani sono ammirevoli. Sono animati da una immediatezza che a noi, giovani di una volta che non è più, non avevamo e tuttora non abbiamo.

Noi eravamo o facevamo più i maturi e questa maturità ci teneva guardinghi, ma anche un po' impersonali. Ai miei tempi, nel seminario diocesano che ho frequentato, noi seminaristi di 15 – 20 anni ci chiamavamo con il cognome. Si poteva perfino ignorare il nome proprio del compagno, perché sia in classe sia nel gioco era norma chiamarci con il cognome. A dir il vero, i giovani di oggi sono più spontanei e questo è una bella qualità. Sono meno politicizzati. Dalla prima liceo, quindi da 16 anni, noi seminaristi in pubblico indossavamo la veste talare e nella mia Emilia rossa io fui spesso fatto oggetto di risate e a volte anche di scherno, che io sopportavo anche volentieri perché mi faceva sentire, già in germe, un piccolo martire. Noi ragazzi che andavamo in chiesa dovevamo tifare per Bartali, mentre i comunisti tifavano per Coppi.

Nella chiesa di San Babila, che sorge nell'omonima piazza in centro di Milano, settimanalmente dedico 10 e più ore al servizio del sacramento del perdono e del dialogo spirituale. Dal posto, che mi è riservato in un altare laterale, posso avere la visione di quanto accade nelle navate della chiesa. Ad intermittenza entrano giovani, molti in coppia, fidanzati o semplicemente amici. La Piazza San Babila è sempre un andirivieni di impiegati, universitari e turisti e la chiesa in mattoni che sorge, pudica, in un angolo risveglia in molti il desiderio di entrare. Una boccata d'aria inalata con calma dà sollievo. I giovani sono i più numerosi. Passeggiano le navate della chiesa soffermandosi a leggere le scritte appese alle bacheche. Non pochi si inginocchiano e pregano. Alcuni notano il vecchio sacerdote seduto appartato e si accostano: per il sacramento del perdono, per un saluto, per una conversazione. Sono cattolici, ma anche ortodossi, musulmani, di altra o di nessuna appartenenza religiosa.

Che cosa manca ai nostri giovani, così simpatici, ma altrettanto insicuri?

Non le cose, non le nozioni scientifiche o letteraie, nemmeno le nozioni religiose e nemmeno il posto di lavoro. Manca loro la conoscenza esperienziale dell'umano. Manca la conoscenza perché manca la domanda.

Sono i figli o i nipoti di un'epoca in cui l'uomo, invaghito di onnipotenza e di progresso illimitato, s'è messo in mente che la vera natura umana sia la super-natura umana dei suoi sogni. Ha provato vergogna dei limiti della natura umana, quella reale, e li ha taciuti e nascosti a se stesso e ai suoi figli. Il culto del successo e della perfezione! Anche nella chiesa! Ricordo il vecchio parroco che a noi ragazzi faceva cantare: “Qual falange di Cristo redentore, la gioventù cattolica in cammino... Bianco padre che da Roma, ci sei meta, luce e guida, ...su noi tutti puoi contar”. Anche il Concilio Vaticano secondo è stato interpretato come l'esaltato arrivo a un'età matura di fede in cui la chiesa tiene in mano, chiare, le coordinate del divenire storico.

Le cose non sono andate così e ai nostri giovani non è stata trasmessa la conoscenza della bella umiltà che caratterizza la natura umana, la bellezza del limite di essere realmente qualcosa caratteristico, personale, carismatico, proprio grazie al fatto di non essere un tutto nebuloso, evanescente, senza contorni, senza limiti. Un ambito dove i giovani tribolano molto è quello della sessualità. Così bella questa energia che vibra nel corpo umano, bella anche per chi eleva il voto di castità perché tiene palpitante il volto di madre Teresa che assiste gli anziani soli e di don Puglisi che offre la vita per liberare i ragazzi dalla morsa della mafia. Sì, perché la sessualità è la vibrazione dello Spirito Santo sulla fibra della carne, inaugurando il concerto dell'attrarre e dell'essere attratto, verso la comunione di vita dalla cui pienezza nuova vita. Gli adolescenti e i giovani di oggi hanno un rapporto teso con la sessualità, che non sentono come una parte di se stessi, della propria dignità umana, ma piuttosto la percepiscono come una potente occasione di dominio, per farsi valere, come è l'arma per il militare. L'aspirina del raffreddore è data a pagamento, la pillola del giorno dopo è data gratuita senza limiti. Clima, questo, che ostacola nel giovane la presa di coscienza del reale potenziale che gli è la sua sessualità lungo il cammino di crescita e di maturazione. De minimis non curat praetor dicevano i Romani. Il rapporto intimo, fisico e psichico, tra una giovane e un giovane: è De minimis! Eppure è l'atto in cui la Natura compie il suo capolavoro: si dispone a generare un nuovo vivente che sarà dotato di pensiero, di libertà, di capacità di amare. La magnificenza della Natura e la banalità di una pillola!

C'è presente, forse in modo inconscio, la resistenza a questa banalizzazione nella tensione dei giovani che al sacerdote che li ascolta, quasi in sordina come ultimo argomento di confessione, accennano alla loro sessualità. Il sacerdote ascolta e si inchina. Sì, si inchina alla giovane, al giovane che conserva un concetto nobile alla propria sessualità. Quel concetto, custodito e difeso come parte intima della propria dignità umana e personale, li ha condotti davanti al sacerdote cercando la purezza e il vigore della creazione.

I nostri giovani seguono la via del progresso segnata dalle generazioni che li hanno preceduti; ma avvertono un sentore di resistenza.

Alcuni giovani quell'impulso di resistenza l'hanno preso sul serio. Da questi giovani l'intuizione di un nuovo progresso. E di un nuovo ritorno alla natura, un ritorno reale, ascoltando la natura. Molto naturalismo rimane il solito dominio dell'uomo che fraintende il fare del bene al cane o al gatto addomesticando i loro comportamenti alla vita del salotto. Un essere umano potrebbe riservare più attenzione e anche più denaro a un cane insalottato che ai bambini che soffrono la fame. I cani non corrono più, li si portano perfino nel passeggino. Nei campi alle lepri, non più rincorse dal cane, verranno le artriti alle gambe. Ma anche i cani non hanno più le gambe di una volta.

Ai giovani in cui freme il sentore della resistenza un cordiale incoragiamento.

E un solidale e commosso inchino!                                                                                      



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