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IL PAESE DEL SORRISO

Sito Saveriani in Tailandia * DG: Notizie dalla Tailandia


I primi passi in una nuova missione sono, di solito, accompagnati da entusiasmo, gioia, voglia di mettersi in gioco, sorprese, incontri, scoperte: Un nuovo mondo si affaccia a noi e noi, a nostra volta, ci affacciamo su un mondo sconosciuto.

Al via!...Si inizia!

Si legge nel giornale della Regione d'Italia: "Il 12 luglio 2014 ha avuto ufficialmente inizio la prima missione saveriana al nord della Thailandia, nella diocesi di Naakhon Sawan. Nella Messa il vescovo ha affidato ai 4 saveriani - p. Matteazzi, p. Kengne, p. Rodrigues e p. Brai – il seguente incarico: 'La cura delle piccole comunità cristiane, l’attività nei campi profughi e l’annuncio del vangelo ai numerosi villaggi della zona'. Ai quattro si è da poco aggiunto il saveriano indonesiano p. Reynaldo Tardelly" (in: "Missionari Saveriani", Agosto/setembre 2014).

Dopo qualche anno, uno dei primi quattro saveriani -- il P. Alex Brai -- scrisse : ...Quale Missione?

Tutto è iniziato nove anni fa (2005), quando il Capitolo Generale dei Saveriani decise, seppure in un tempo di crisi – calo delle vocazioni, invecchiamento del personale, situazioni drammatiche in alcune missioni ecc. – l’apertura di una nuova presenza in Asia. Un segno di speranza per tutto l’istituto, chiamato a “ripartire” e a “riposizionarsi” in un nuovo contesto mondiale ed ecclesiale. Oltre all’incoraggiamento e apprezzamento da parte di molti – Saveriani e non –, non sono mancate le critiche: “Ma siete pazzi, non ce la farete”; “C’è tanto bisogno in Italia e dove siete già presenti, perché una nuova missione?”; “Ora la missione è in Europa, sbagliate ad aprire ancora in Asia”.

Insomma, un’apertura controversa, segno di vitalità da una parte e di sfida dall’altra, in un tempo in cui, anche all’interno dell’istituto, la tentazione è quella di ripiegarsi su se stessi.

I PRIMI PASSI E LE PRIME DIFFICOLTÀ

I Saveriani preferiscono di solito i paesi a maggioranza non cristiana, e tra i non cristiani i più poveri. Da qui la scelta della Thailandia, dove i primi due Saveriani hanno messo piede nel gennaio 2012. Come ogni inizio, anche il nostro è stato pieno di speranza e di fiducia. Questo non significa che siano mancate le difficoltà, anzi. La prima, soprattutto per noi europei, è stata senz’altro la lingua. Cinque toni, 44 consonanti, 28 forme vocaliche, tra cui alcune lunghe e altre corte, oltre che l’assenza di punteggiatura e tanti altri dettagli, rendono lo studio del thai un’impresa ardua.

Seguendo il consiglio e l’esperienza di missionari di altri istituti, abbiamo dedicato i primi due anni esclusivamente allo studio della lingua, frequentando corsi in scuole specifiche per stranieri e facendo esercizio costante di pronunce completamente assenti nel nostro alfabeto. Insomma, è stato come ritornare bambini, incapaci di parlare, intendere e farsi intendere, e questo non solo per qualche mese, ma per qualche anno. È stato però un buon esercizio di pazienza e umiltà. Non sono mancati i momenti di disperazione e la tentazione di mollare tutto, ma l’obiettivo – testimoniare e annunciare il Vangelo – ci ha dato la forza di resistere.

La Tailandia è prevalentemente buddhista. E il buddhismo, prima di essere una religione, è una cultura. Tutto in questo paese rimanda al buddhismo. È un po’ come essere a Roma, dove chiese, simboli, costruzioni ecc., tutto richiama il cristianesimo (cattolicesimo). Qui, in tutte le case, in ogni spazio pubblico, sulle strade, oltre che nei numerosi templi, sovrabbondano i riferimenti espliciti al buddhismo. Questo è per noi un aspetto affascinante, ma anche una sfida: riuscire ad entrare in un mondo così diverso, con visioni e mentalità inconsuete, senza lasciarci condurre da pregiudizi culturali e religiosi affrettati.

Il modo di salutare, gli usi e i costumi, la vita familiare, il cibo, il clima, il modo di rapportarsi con lo straniero, la presenza di tribù tanto diverse, questi e altri elementi ancora suscitano in noi, che siamo ai primi passi nella nostra missione, meraviglia e stupore.

TRA I VILLAGGI DEL NORD

Come Saveriani, ci siamo impegnati a collaborare nell’opera di evangelizzazione tra i villaggi del nord, al confine con il Myanmar. È proprio in uno di questi villaggi che due anni fa abbiamo iniziato la nostra presenza con una settantina di famiglie cattoliche. Oltre a gestire la vita di questa piccola comunità cristiana, abbiamo preso contatto con i villaggi attorno dove non c’era alcuna presenza cristiana. Attraverso il nostro aiuto nelle scuole, le visite agli ammalati, qualche attività rivolta ai bambini, soprattutto nei villaggi più poveri, stiamo conoscendo la realtà e ci stiamo facendo conoscere.

Alcune persone ci hanno chiesto ragione della nostra presenza. Al che abbiamo risposto – secondo il nostro carisma saveriano – che è stata la carità di Cristo a spingerci, l’ascolto della sua Parola, il suo invito ad andare fino alle estremità della terra (anche nei loro piccoli villaggi). Altre ancora ci hanno chiesto come mai viviamo insieme pur provenendo da paesi diversi – attualmente in Thailandia i Saveriani sono cinque: tre italiani, un camerunese e un indonesiano. Abbiamo risposto che il nostro vivere in comunità è il primo e più importante segno che ci distingue e rappresenta il tentativo di vivere l’invito di Gesù alla fraternità universale, ad essere una sola famiglia, oltre le frontiere nazionali, linguistiche, etniche, culturali ecc.

Queste e altre domande, diventano per noi anche un’occasione per discernere le nostre motivazioni carismatiche e valutare la nostra presenza missionaria.

A BANGKOK, NELLO SLUM

Trovandoci a Bangkok, per lo studio della lingua, in vista di andare al nord, abbiamo scoperto la presenza di un altro “luogo”, dove ci sentivamo chiamati ad operare. Molti conoscono Bangkok per le sue attrazioni turistiche, le sue bellezze naturali e le moderne architetture. Pochi conoscono l’altra Bangkok, la città nella città, lo slum, che noi comunemente chiamiamo baraccopoli, favela in Brasile, bidonville nell’Africa francofona.

Anche qui ci ha spinto la carità di Cristo, per farci più vicini ai poveri, agli ultimi, agli esclusi. Cosa facciamo concretamente? Le opere di misericordia! Ogni giorno visitiamo gli ammalati, gli anziani, i bambini in difficoltà, senza parenti e qualcuno che si occupi di loro; ci intratteniamo con la gente per conoscere la loro vita, per intercettare i loro desideri, le loro difficoltà, per condividere il nostro tempo e la nostra vita. In questi primi tre mesi, abbiamo incontrato centinaia di persone, il cui volto sta assumendo un contorno preciso, il cui nome iniziamo a ricordare, la cui storia comincia a intrecciarsi con la nostra. Non parliamo esplicitamente di Gesù Cristo, perché sono tutti buddhisti, ma siamo certi che Gesù è già presente nella loro vita e probabilmente si farà più presente ancora attraverso le nostre visite, i nostri incoraggiamenti, le nostre pacche sulle spalle.

Probabilmente non riusciremo ad aiutare tutti a migliorare la loro situazione, a risolvere i loro problemi – case allagate, ammalati senza cura, bambini lasciati soli ecc. –, però siamo sicuri che la nostra presenza, la condivisione nella semplicità e la nostra prossimità fraterna, sono le basi per costruire un futuro migliore, più giusto e più bello, il futuro che Dio vuole.

Il significato di Thailandia è “terra libera”. Ma questo paese è spesso descritto anche come la “terra del sorriso”, per indicare la gioia del suo popolo. Noi, come Saveriani, siamo stati accolti bene in questo paese libero e gioioso. Speriamo di riuscire, senza troppe omelie o grandi discorsi, ad essere testimoni della libertà e della gioia del Vangelo, attraverso la nostra semplice e disarmata presenza, soprattutto tra gli ultimi, i poveri, gli esclusi.

(di Alex Brai: Thailandia, Quale Missione? - IN: Missione Oggi, Otttobre-Novembre 2016)


La presenza saveriana in questo paese del sud-est asiatico è iniziata da pochi anni con l'invio di una piccola Delegazione alla capitale Bangkok. Ascoltiamo come un nostro confratello descrive, in una sua Lettera-Testimonianza agli amici, i primi passi dei nostri missonari in questa "giovane missione":

Lettera dalla Thailandia - Aprile 2015

"Migliaia di candele possono essere illuminate da un’unica candela, e la vita di quella candela non sarà ridotta. La felicità quando condivisa non diminuirà" (pezzo di saggezza del Buddha).

Carissimi amici,

       In pochi mesi, sarà un anno che i P. Mattia, Thiago ed io stiamo servendo qui alla parrocchia di S. Giuseppe Operario (in realtà, la parrocchia ha già 33 anni di vita). Fin dal nostro arrivo in questa parrocchia, i nostri principali obiettivi sono stati quelli di incontrare le persone (i nostri parrocchiani, ma anche coloro che sono animisti o buddisti), creare amicizia con tutti, cercando di capire la cultura di Akha (in parrocchia, la maggior parte dei cattolici sono Akha anche se, nella nostra zona, questo gruppo tribale è una minoranza) e di conoscere anche altri villaggi. La settimana scorsa abbiamo scoperto 2 villaggi (uno con 200 abitanti, l'altro con circa 2.000 abitanti, tutti loro Hmong). Questi villaggi sono vicino a Umpiang che è uno dei settori affidati alle nostre cure pastorali.

Siccome i nostri parrocchiani sono per lo più contadini, la vita della parrocchia è fortemente influenzata dalla loro attività. Ciò significa che la parrocchia è totalmente viva soprattutto la domenica con la celebrazione dell'Eucaristia alle 9:00 in Thailandese (anche se la maggior parte anziani parlano solo la lingua Akha), ma il Vangelo è letto anche in Akha. Dopo la messa, abbiamo l’ “ora del caffè”, un'occasione per conoscersi, per parlare di tutto (salute, vita familiare, problemi o gioie dei villaggi). Poi, a volte, ci sono degli incontri incontri (di qualche gruppo o del Consiglio di pastorale). Una volta al mese abbiamo la BEC (studio biblico). Ogni domenica abbiamo formazione cristiana per i bambini. Sempre alla domenica, alcuni bambini e uno di noi portano la comunione agli ammalati.

Oltre a questo, cerchiamo anche di raggiungere i gruppi Birmani che vivono un po' in tutto il territorio della parrocchia e che sono visti come manodopera a basso costo, e come persone cattive. Stiamo cercando di promuovere una migliore relazione tra loro e i nostri parrocchiani. Due volte alla settimana, andiamo a far loro visita con alcuni bambini e giovani della parrocchia.

All’inizio, stavamo offrendo delle lezioni di inglese per bambini e adulti, ma alla fine gli studenti scappavano... vogliono sì parlare inglese, ma non vogliono dargli il tempo per impararlo.

Non ho intenzione di dire che, tra noi e i parrocchiani, c'è una comprensione reciproca. Penso che stiamo ancora in fase di conoscerci e accoglierci l’un l'altro (tra l'altro, questa è la prima volta che la parrocchia è gestita da stranieri).

Una delle nostre difficoltà è quello di rendere la nostra parrocchia che una vera cattolica della parrocchia, una comunità cristiana dove tutti si sentano a casa, in famiglia. Infatti, la nostra parrocchia, per ragioni storiche e condizioni geografiche è associata al gruppo Akha (il nome ufficiale della parrocchia è “San Giuseppe Lavoratore, Zona Akha”). Così, a volte, è molto difficile per loro fare la differenza tra la tradizione e i valori del Vangelo.

Inoltre, alcuni parrocchiani che appartengono ad altri tribale gruppi si sentono sempre come meri clienti all'interno della comunità.
• Nel nostro sforzo di servire meglio questa parrocchia, condividiamo i nostri compiti come...:
• Formazione di bambini e adolescenti (formazione cristiana e inglese).
• Formazione degli adulti (BEC e adulto Catechismo).
• Ministero, ora-del-caffè, incontri con le donne…
• Accoglienza di gruppi di laici di altri paesi.
• Cura pastorale degli ammalati ed anziani.
• Accompagnamento di gruppi Birmani nei villaggi e zone circostanti.
• Dialogo interreligioso ed Ecumenismo.
Queste attività possono sembrare molte, ma in realtà sono molto semplici. Infatti, ci avanza ancora abbastanza tempo per… cucinare, lavare i vestiti e prendere una pausa.

Dal 15 marzo al 29 di 2015, abbiamo organizzato un “campo di catechesi” per bambini e giovani della parrocchia. Durante due settimane, abbiamo fatto uso di piccoli film, giochi, brevi presentazioni per parlare con loro sulla Buona Notizia… l'amore di Dio per tutti.
Prima del nostro arrivo, qui c'erano 7 parroci che hanno servito questa parrocchia con grande devozione e costruito una forte comunità cristiana. Noi crediamo che il nostro motivo d'essere qui è innanzitutto quello di continuare a nutrire la fede dei nostri parrocchiani come facevano i nostri predecessori, ma anche di aiutarli a fare un passo avanti per rispondere alla chiamata di Cristo ad essere loro stessi missionari. Infatti, circa l'80% delle persone che risiedono nel territorio che è stato affidato dal vescovo di Nakhon Sawan aspettano ancora la Buona Novella di Cristo. Noi, quindi speriamo che questa nostra comunità cristiana ci aiuterà a raggiungere le persone.

La nostra preghiera quotidiana è che, per l'intercessione dei Santi Giuseppe Operario, Francesco Saverio e Guido Conforti, possiamo essere servi buoni e buoni strumenti nella “Vigna del Signore”, servi che non hanno paura di condividere l'amore di Dio, di andare oltre i confini, di costruire ponti, di aver fiducia nello Spirito Santo.

"Migliaia di candele possono essere illuminate da un’unica candela, e la vita di quella candela non sarà ridotta. La felicità quando condivisa non diminuirà" (pezzo di saggezza del Buddha).

Fratelli, la nostra fede diventi sempre più forte nella condivisione con gli altri. Dio ci benedica.

Lettera di Padre Thierry Kengne, sx  (originale in inglese).

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