Qui in Italia e in Europa ci sono diversi gruppi folcloristici che ripropongono canti, danze e cerimonie antiche che ormai quasi nessuno conosce più. Spesso sono visti come occasione per attirare turisti (vedi in occasione del carnevale e anche di altre feste civili e religiose), ma di cui si è perso il significato. Eppure erano occasioni in cui un popolo, una comunità si ritrovava per ricordarsi da dove era venuta e soprattutto capire l’eredita degli antenati. In altri paesi del mondo, io naturalmente parla dell’Africa, tutto questo è ancora vivo. Meno nelle città, ma soprattutto nei villaggi, sono occasione in cui tutti si riuniscono, anche serpiano piano, morendo gli anziani, non sempre i giovani hanno voglia di portare avanti queste tradizioni, perché la modernità rischia di distoglierli dalla eredità ricevuta. Sia In Congo, come in Camerun (le nazioni dove ho lavorato) hanno un ruolo importante i capi tradizionali che sono i custodi della tradizione e che cercano in tutti i modi di non lasciare morire ciò che hanno ricevuto da chi li ha preceduti. Uno dei momenti importanti e quello dell’INIZIAZIONE. Una volta occupava un periodo prolungato, ora è ridotto a qualche settimana. Era la scuola della vita, si preparavano i ragazzi e le ragazze ad entrare nella comunità. Si spiegavano loro le cose importanti, ricevute dagli antenati e che potevano aiutarli a prepararsi alla vita adulta. Naturalmente noi non potevamo né partecipare né conoscere quello che si faceva in questo periodo. Qualche cosa ci veniva detto da alcuni capi (cristiani) che frequentavano la parrocchia, ma che erano tenuti a preparare questo periodo particolare e sollecitare le famiglie a mandare i figli (soprattutto i maschi, anche se per le ragazze c’era un tipo di iniziazione particolare). Da quello che si è potuto sapere, veniva spiegato come era nata la tribù, le credenze nel loro dio, preparazione alla vita matrimoniale, come diventare forti attraverso delle prove, spiegazione dei principi base della vita della comunità, come lavorare, ecc.. Tutto questo, di solito, avveniva in un luogo separato (foresta sacra o altri luoghi, separati dal villaggio). Naturalmente c’erano degli iniziatori, degli “specialisti” che aiutavano i ragazzi in queste conoscenze. Le famiglie,, di solito, contribuivano, sia col denaro che con il cibo o altre cose che venivano richieste. Il tutto si concludeva con una grande cerimonia, i cui gli iniziati, dipinti di bianco (cfr. le vesti bianche del battesimo), entravano danzando nel grande prato comunitario, vicino alla residenza del capo e venivano presentati a tutto il villaggio. Sembra anche che alla fine di quel periodo, veniva dato loro un nome nuovo (segreto) come segno di inizio di nuova vita (vedi Bibbia: nome nuovo, vita e missione nuova; nella vita religiosa nei monasteri-conventi, alla professione veniva dato un nome nuovo). Un’ultima considerazione. Questo periodo spesso coincideva con la scuola o il catechismo parrocchiale. Naturalmente tutto questo saltava, perché tutti dovevano andare all’iniziazione. Anch’io sono stato invitato alla cerimonia di ritorno dal periodo nella foresta. C’era tutto il villaggio ed era un momento di unione tra gli adulti e i ragazzi che si sarebbero integrati nella comunità. Un qualcosa di speciale, di unico. Così non dimenticavano (come a noi succede) da dove erano venuti e quindi anche loro, dovevano portare nel loro sangue, il sangue dei loro antenati per far continuare la vita, come si vede plasticamente in una scultura africana. Alla base ci sono gli adulti, gli anziani e, più sopra, come in una piramide umana, quelli più giovani.