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Un progetto iconografico

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La via Giovanni Piamarta inizia da via dei Musei e, seguendo il tracciato dell'antico cardo romano, si inerpica fino alla Porticula di S. Eusebio tra i resti delle mura romane alle spalle di S. Pietro in Oliveto. La via sale appoggiata al crinale della collina, a volte anche in tracciato pensile e, dopo la Porticula, proseguiva in direzione di Trento e Germania per la valle Sabbia e Tione di Trento. Ora non più da quando la Serenissima per motivi difensivi ha operato il taglio della Pusterla, dove ora scorre via Turati.

Nel Medioevo dal monastero di S. Giulia iniziava la salita al soprastante Convento di S. Pietro in Ripa. Poco è rimasto di questa struttura se non nelle colonne ottogonali con capitello in rossi mattoni, oggi visibili lungo la parete della Libreria dei Popoli e pure al piano superiore. Qui abitò sicuramente il monaco Arnaldo da Brescia la cui presenza è documentata da Giovanni di Salisbury nel 1132 quando lo chiama prior, vale a dire superiore degli Agostiniani. L' eresia ivi professata portò alla cacciata di questi religiosi, sostituiti dalle Canonichesse Agostiniane ritenute più remissive.

La costruzione del complesso antico aveva comportato lavori di smantellamento della collina con spostamento di terriccio verso il il teatro romano per creare il terrapieno attuale. Difficile sapere quando in passato furono compiuti tali lavori. Fondamentali e basilari  sono gli scavi di epoca romana con la erezione dei muri di contenimento a sostegno  della collina visibili dall' arena del Teatro e con la provvidenziale intercapedine dietro il Tempio che nell' Ottocento ha riservato il ritrovamento della Vittoria alata e altri bronzi. Il teatro in particolare è protetto da un imponente muro di sostegno a semicerchio che nel punto mediano dell' arco si interna dentro  la proprietà di S.Cristo dietro la collina della Vergine per sostenere il sito dell' attuale ortaglia. Verso il 1980 per iniziativa dell' economo P. Bertoletti all' interno di questo muro è stata ricavata la scala con ringhiera che permette di accedere in maniera più agevole alla zona collinare occupata dall'orto.

L' inizio dei lavori della chiesa è del 1467. Contrariamente alle chiese antiche orientate in senso est-ovest onde permettere al fedele di pregare rivolto a Cristo come sol oriens ex alto, essa è allineata in senso nord-sud. Allo scopo di avere un sagrato convenientemente ampio si è dovuto collocare il presbiterio nella collina retrostante fino ai due metri di altezza con il conseguente posteriore degrado degli affreschi absidali.

L' intento dei mastri-costruttori  era quello di esporre il complesso alla massima fruizione della luce solare. L' inserimento della meridiana catottrica del '700 nel primo chiostro farà emergere un leggero errore di allineamento nella impostazione delle fondamenta dell' edificio, poichè l' ora del mezzogiorno cade leggermente a sinistra dal  centro della crociera, a dimostrazione del chiostro leggermente fuori asse. La facciata della chiesa è manifestamente sulla direttrice di via Veronica Gambara della quale costituisce l' alto fondale prospettico di un effetto canocchiale percepibile già a partire da piazza Santa Maria in Calchera.

confini del complesso sono a oriente la salita pedonale da S.Giulia accanto alla soprastante portineria (in antico distilleria della famosa acqua-vite). A sud è l' emiciclo del teatro romano e il terrapieno di Vicolo Deserto, a ovest è l' ortaglia fino al muro di confine con il Parco Castello che continua sul lato nord profondamente incavato e dominato dal ristorante di contrada S. Urbano.


    La chiesa in stile tardo gotico prevede l' arco trionfale e la navata con soffitto a capriate. Rispecchia lo stile di tante pievi, come quella della Mitria di Nave, S. Felice del Benaco e S. Maria degli Angeli a Gardone V.T. In quello scorcio del sec. XV la vita religiosa in Brescia si esprimeva in meravigliose opere di architettura, scultura, pittura e arti minori. Vale la pena di citare come esempi i chiostri dei SS. Cosma e Damiano con la mirabile arca di San Tiziano del 1490, la chiesa del Carmine in avanzata fase di costruzione, nel 1460 la ricostruzione per opera dei Servi di Maria della chiesa di S. Alessandro. In particolare i canonici di S. Giorgio in Alga iniziano a costruire dal 1453 la chiesa e convento di S. Pietro in Oliveto completato nel 1510 su disegno del Sansovino, proprio a ridosso della chiesa dei Gesuati. Non si può dimenticare S. Maria dei Miracoli, prima edificio rinascimentale in città con il cantiere della Loggia.

Alla sommità dell' arco trionfale fa capolino il trigramma eucaristico JHS a caratteri gotici che giustifica la dedica al S. Corpo e Sangue di Cristo. La decorazione delle pareti è costituita di ex-voto e scene devozionali. Gli affreschi del 1490 alla base dell'arco trionfale della scuola del Foppa si rifanno a temi ricorrenti. La Madonna con S. Rocco e S. Cristoforo ci riporta alle urgenze  della peste e dei pericoli dei viaggi, poi una Natività e una Pietas di gusto nordico di autore carmelitano. Dentro sono rappresentate figure fondamentali del movimento gesuata, come il il fondatore beato Giovanni Colombini e il beato Giovanni da Tossignano, vescovo di Ferrara estensore delle Costituzione dell congregazione.    . Altri ex-voto dovevano allungarsi lungo le pareti laterali come si rileva dai lacerti di pitture emerse in corso di restauro, per quanto in lungo non è dato di sapere. Presso l' alta finestra di destra si nota un S. Sebastiano trafitto. Sull' altra parete è un S. Gerolamochino davanti a una croce di esecuzione ingenua.

   Oltre il portale  della facciata erano previste due porte nel presbiterio, una per la sagrestia e l' altra per il campanile. C' erano poi altre due porte ai lati dell' arco trionfale, una verso il chiostro ancora in funzione, l' altra speculare è ora murata sotto il finestrone di destra e conduceva alla corte rustica del convento. Oggi la più usata  è quella in fondo alla chiesa aperta al tempo del Seminario e occupa l' affresco del Battesimo di Cristo rimasto privo del protagonista. Il mausoleo Martinengo faceva già parte di questo complesso. Iniziato dopo la consacrazione della chiesa nel 1503, viene terminato nel 1516. L' illuminazione della navata era data dai quattro oculari posti sotto il tetto sulle due pareti, ora accecati e esclusi dalla volta. L' altra fonte veniva da sud, quella del rosone della facciata.

    Il Dufner si riferisce a questa immagine della chiesa quando ne rimpiange il semplice aspetto originario privo delle pittture del Marone nei primi ottanta anni, come era nello stile povero dei Gesuati.

  L' evento che determina il cambiamento interno della chiesa è il Concilio di Trento con le nuove disposizioni sull' arte sacra. L'orientamento conciliare è quello di dare unitarietà allo spazio liturgico per cui le pitture precedenti  di ex-voto e scene devozionali isolate vengono scoraggiate a preferenza dei cicli pittorici..

A partire dal 1565 fra' Benedetto da Marone, pittore gesuata a conoscenza della Cappella Sistina e di quella del Signorelli nel Duomo di Orvieto, si fa promotore della trasformazione della chiesa. In vista di un grandioso progetto iconografico fa voltare la navata con costoloni gotici che intersecandosi formano dodici losanghe. L' aggiunta della volta esclude gli oculari, e per dare luce all' ambiente si aprono due alte finestre a destra (le tre cappelle con le finestre ad arco romano termale sono aggiunte nel 1600). Lo spazio è ormai predisposto per uno scenografico Giudizio Universale con i dodici apostoli sulla volta e il Cristo Giudice presso l'arco trionfale tra i benedetti e i maledetti.

Il centro del soffitto rifulge di un luminoso JHS, motto di S. Bernardino ripreso poi dai Gesuati come simbolo di Gesù Salvatore presente nell' Eucaristia. Gli archi delle pareti diventano il luogo delle scene di vita di santi martiri, di cui molte donne come era nello spirito del movimento laicale: Vincenzo, Barbara, Francesco, Margherita, Caterina, Lucia, Agata...Più sotto una fascia pittorica composta di animali e frutta corre lungo tutto l'edificio a segnare uno stacco con la sottostante serie di stazioni della Via Crucis. Il resto fino al pavimento viene completato da vedute prospettiche trompe-l'oeil aperte su panorami arcadici, inquadrate entro fastose colonne. In fondo alla chiesa lo spazio della cantoria viene illustrato con le figure dei Padri della Chiesa e con quattro episodi della vita nascosta di Gesù.

Dove però la simbologia eucaristica si fa più carica di significato biblico è nel presbiterio con gli affreschi di Abramo che incontra Melchisedech e Abramo che sacrifica Isacco, sulla parte destra e La manna nel deserto ed Elia con l' angelo sull' altra parte per concentrarsi sulla grande croce lignea, affiancata da una Ultima Cena e Dalla Lavanda dei piedi. Sulla crociera stanno i quattro Evangelisti con i simboli caratteristici, all' interno di una decorazione manierista ridondante di simboli.

Gli interventi successivi del '600 e '700 dei Frati Minori Riformati si muovono nella linea tracciata da fra' Benedetto. Lo stesso portale rinascimentale sovrastato da un arco con due angeli adoranti l' Ostia ci prepara alle scene dell' interno, orientate al grandioso progetto che vuole elevare in questo edificio un inno a Gesù Eucaristico nella sintesi del simbolo JHS, Gesù Salvatore degli uomini.

CROMOTERAPIA.

La visione di tanti affreschi costituisce sicuramente una gioia dello spirito, ma coinvolge anche il nostro corpo. Un gruppo di ricercatori dell' Università di Milano sta portando avanti lo studio sul possibile influsso che il colore può  esercitare nella cura delle malattie. A tal scopo dimostrare come in particolare i colori dell'affresco possano presentare delle proprietà significative.

La terapia attraverso il colore risulta essere antichissima, risalendo agli Egiziani. Anche se viene considerata una pseudo-scienza dalla comunità scientifica ufficiale che non le riconosce alcun valore terapeutico sostanziale, mantiene una sua reale validità. Del resto nelle tinteggiature delle stanze il buon senso induce a usare colori diversi a seconda del loro uso, un rosso violento per esempio non pare indicato per favorire il sonno in una stanza da letto. 

In una visita alla chiesa negli anni novanta questi professori-ricercatori hanno affermato e cercato di dimostrare gli effetti di un aumento di benessere originato dagli affreschi delle pareti, vale a dire la sensazione di essere come investiti da un carica di energia positiva emanante dai colori a fresco con favorevoli influssi sulla psiche umana. E' come se da quelle antiche cromie calcificate nel muro uscisse una potenza nascosta, ma non meno reale ed efficace nell' influire sull' inconscio umano e sui disturbi della psiche. E' dimostrato che la visione della bellezza lascia incantati e come si suole dire allarga i polmoni, di conseguenza tutto il corpo prende respiro e si distende allontando le tensioni con il risultato di sperimentare un senso di pace e serenita'. Del resto è quello che provano i visitatori che entrano in chiesa e lasciano scritto le impressioni con le testimonianze  riportate.

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