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Racconti africani.52. Ciò che è nascosto, viene presto alla luce

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Due cacciatori erano amici. Partirono in foresta all’inizio della stagione e costruirono una capanna di caccia. Tutti e due erano abili, le trappole erano fatte con le medesime liane e pertanto Kamango ci trovava ogni giorno della selvaggina, mentre Mwepu non vi trovava che del vento. Così, al loro ritorno, il primo era carico di molta carne affumicata, mentre il secondo le seguiva a mani vuote. E si disse: “Questa carne ha un buon profumo. Se io uccido Kamango, tutto sarà mio”. Trascinato da questo desiderio che non poteva dominare, prese la sua lanca e trafisse il suo compagno, prese tutta la carne e rientrò al villaggio. Quando le persone che gli domandavano notizie del suo compagno, lui rispondeva in qualche modo: “certamente rientrerà. Sta facendo l’ispezione alle sue trappole”…Ma aveva dimenticato il cane di Kamango. L’animale era restato per qualche giorno vicino al cadavere del suo padrone. Non vedendo rialzarsi in piedi, corse verso il villaggio e si mise ad abbaiare in continuazione davanti alla casa del capo villaggio. Costui domandò: “Di chi è questo cane che non mi lascia in pace?”. Gli risposero: “E’ di Kamango. Questo cacciatore era andato in foresta e non è ritornato. Certamente, gli è capitato qualcosa. Andiamo a vedere”. Gli uomini partirono, preceduti dal cane che li condusse fino al cadavere. La cosa fu presto messa in chiaro. La ferita era ancora visibile: corrispondeva alla lancia di Mpepu. Davanti al tribunale, costui non potè fare silenzio e disse: “perdonatemi. E’ il desiderio che mi ha spinto e ora sono finito”.

Come dice il proverbio: “Non lasciarti sedurre dal desiderio, rischierai di fare una brutta fine” (se tu dai troppa importanza a quello che pensi, alle tue parole, tu rischierai di ficcare il naso negli affari degli altri e saranno obbligati a darti una calmata).

 



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